Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
LA CRISI DELLO STRETTO

La Cina lancia la sua sfida a Taiwan. E Macron acconsente

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Massicce esercitazioni militari cinesi nello stretto di Taiwan. Si tratta dell'ennesima crisi dello Stretto, stavolta scoppiata come punizione per la visita della presidente taiwanese Tsai Ing-wen negli Usa. Ma l'aspetto inedito è che le manovre siano iniziate dopo la visita di Macron e della von der Leyen a Pechino. Il presidente francese, in particolare ha mostrato disinteresse per Taiwan, impegnato maggiormente a far vedere di prendere le distanze dagli Usa. 

Esteri 11_04_2023
Le manovre cinesi viste dai notiziari

Dopo due giorni di calma apparente, i cinesi hanno scatenato l’inferno attorno a Taiwan. Dodici giorni di esercitazioni navali, aeree e terrestri, a ridosso dell’isola, che il regime di Pechino considera una sua provincia “ribelle”, sono iniziati sabato e termineranno solo il 20 aprile.

La causa del silenzio iniziale era la visita del presidente francese Emmanuel Macron e della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, entrambi a Pechino, accolti dal presidente cinese Xi Jinping. La partenza dei due illustri ospiti europei è coincisa quasi con il ritorno della presidente Tsai Ing-wen a Taiwan, dopo il suo tour americano, in cui aveva incontrato, in modo informale, anche il presidente della Camera, Kevin McCarthy. E allora le forze armate cinesi non hanno più avuto freni di sorta. La marina, ha iniziato sabato la prima di sette esercitazioni nello stretto di Taiwan. Vi partecipa anche la nuova portaerei Shandong, la prima interamente costruita in Cina. Nel frattempo, anche il Comando Orientale dell’Esercito Popolare, nella provincia del Fujian, di fronte a Taiwan, ha dato inizio ad esercitazioni che finiranno oggi e che prevedono anche diversi sorvoli aerei sullo stretto a ridosso delle difese dell’isola.

Le esercitazioni sono molto intense. Fonti militari taiwanesi riferiscono di aver avvistato 70 aerei militari cinesi e almeno 11 navi nella sola giornata di domenica. Il sabato erano stati avvitati, a ridosso dell’isola, 71 aerei e nove navi. Le manovre sono un chiaro avvertimento, sia alla politica di Taiwan che a quella statunitense: al suo ritorno, infatti, la presidente Tsai Ing-wen era stata accolta da una rappresentanza bipartisan del Congresso americano, capitanata dal deputato Michael McCaul, repubblicano del Texas, presidente della Commissione Affari Esteri della Camera.

Per gli osservatori, comunque, quelle che la Cina ha appena avviato sono esercitazioni meno provocatorie rispetto a quelle dell’anno scorso, partite a seguito della visita di Nancy Pelosi (allora presidente della Camera statunitense) a Taiwan. Sarà perché non sono presenti sull’isola politici americani così di alto profilo, sarà perché la Cina vuole mostrarsi al mondo come mediatrice (nel conflitto ucraino, soprattutto), la pressione militare è meno forte rispetto a un anno fa.  

Ma questa volta, gli attori internazionali in gioco non sono solo Cina, Taiwan e Usa, ma compare anche il terzo incomodo Macron, che è arrivato in Cina a rappresentare l’Europa, oltre che la Francia. Non per caso, è andato assieme alla von der Leyen. Il presidente francese è andato per parlare della mediazione possibile cinese fra Russia e Ucraina, come ci si attendeva da lui. In veste di capo di Stato francese ha concluso una serie di accordi commerciali favorevoli a Parigi (mentre l’Ue, su questo punto, è uscita abbastanza a bocca asciutta). Al tempo stesso, però, l’inquilino dell’Eliseo ha rilasciato interviste che sono risultate molto più interessanti rispetto alle conferenze stampa dopo gli incontri al vertice.

Alla rivista Politico, in particolar modo, ha dichiarato che: “Il paradosso sarebbe che, presi da panico, ci sentissimo solo dei vassalli dell’America”. La sua visione a favore di una maggiore autonomia strategica dell’Europa (leggasi: della Francia) è nota ed in continuità con i suoi predecessori. Ma era proprio necessario dirlo in Cina? In un momento in cui la crisi di Taiwan dovrebbe incontrare un fronte occidentale accomunato dagli stessi interessi in difesa della piccola democrazia? Invece, proprio su Taiwan, Macron si chiede: “La domanda a cui gli europei devono rispondere: è nel nostro interesse accelerare una crisi su Taiwan? No. La cosa peggiore sarebbe pensare che noi europei dobbiamo diventare gregari su questo tema e trovarci stretti fra l’agenda americana da una parte e le reazioni eccessive della Cina dall’altra”. Insomma, Macron lancia l’idea di un’Europa terza-forzista. E prende ulteriormente le distanze quando parla del rischio di essere “coinvolti in crisi che non sono le nostre che ci impediscono di costruire un’autonomia strategica”.

Queste parole, il presidente francese le ha pronunciate poco dopo la sua visita ufficiale in Cina e sono state seguite, subito dopo, dall’inizio delle esercitazioni nello stretto di Taiwan. Sarebbe fin scontato pensare che Macron abbia espresso questi concetti anche alla controparte Xi Jinping, dando l’impressione al presidente cinese che l’Europa non sia interessata alla difesa di Taiwan. Ed è anche difficile calcolare quanti danni abbia già provocato un atteggiamento del genere.