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CRISI

La Grecia continua ad essere il malato d'Europa

La crisi greca non fa più notizia, ma il paese resta il grande malato d'Europa. Mentre disoccupazione e tasso di povertà restano alti, il sistema sanitario è al collasso e si rischia la diffusione di epidemie. In queste condizioni, una nuova onda migratoria come quella minacciata da Erdogan non sarebbe sostenibile.

Esteri 26_08_2016
Grecia

Sino a pochi mesi fa la Grecia era presente nella gran parte dei notiziari europei e le sorti della sua economia allarmavano investitori, banche e semplici cittadini. Ora, invece, la situazione è ben diversa. Sebbene il Paese viva ancora una situazione tragica, lo spread sia altissimo (813 punti di differenza con il BUND decennale tedesco), la disoccupazione viaggi oltre il 25,6%, Atene non fa più notizia. La UE e i suoi media, infatti, sembrano non prestare più alcuna attenzione al mondo ellenico, lasciando che questo sprofondi in silenzio nel baratro più totale e assorba da solo gran parte del peso migratorio che l’accordo miliardario con la Turchia avrebbe dovuto fermare.

A distanza di 7 anni dall’inizio della crisi del debito, infatti, la Grecia continua ad essere il malato d’Europa, anche se non si può più dirlo. Come scrive Holly Ellyatt su CNBC, le misure di austerità imposte dalla Trojka non hanno avuto risultati tangibili, se non quello di rendere più difficile la vita ai greci (il tasso di povertà è cresciuto dal 2,2% del 2009 al 15% del 2015) e causare enormi fratture sociali. Secondo la giornalista statunitense, infatti, oltre 1,6 milioni di persone (su 11 milioni di abitanti complessivi) vivono sotto la soglia di povertà. Questa situazione disperata, inoltre, ha avuto un impatto su quasi tutte le famiglie, che ormai sono focalizzate soltanto sul fare fronte comune per arrivare sino alla fine del mese, il che inevitabilmente ha contribuito a creare forti fratture all’interno della società.  Sebbene l’Europa stia continuando a inviare denaro ad Atene, questo non ha ancora prodotto risultati concreti, poiché come sottolineano il The Guardian e il New York Times, gli aiuti non servono a rilanciare l’economia, ma semplicemente a pagare il debito. L’esecutivo greco, infatti, non appena riceve le sovvenzioni da Bruxelles deve immediatamente girarle alle banche tedesche e francesi, ossia le sue principali creditrici. 

L’austerità imposta dalla Trojka, quindi, ha finito per incidere negativamente sulla capacità di spesa dei cittadini e dello Stato, sul tasso di disoccupazione e, di conseguenza, sulla possibilità della Grecia di iniziare a riprendersi. I Paesi della UE (ma non solo), infatti, hanno approfittato dell’occasione per fare incetta degli unici “beni preziosi” che lo Stato ellenico aveva, ripetendo un po’ quanto era successo con il Trattato di Versailles alla fine della Prima Guerra Mondiale. Atene, per fare cassa e accontentare i creditori, ha dovuto svendere i propri porti, gli aeroporti, le spiagge e addirittura alcune isole, ricevendo quella che il Boston Globe definisce una “punizione globale” utile a far capire a tutti che non è possibile disobbedire a Berlino, pena la trasformazione in un “protettorato”. 

La situazione locale, comunque, è aggravata ulteriormente dalla bomba rappresentata dall’inarrestabile ondata di immigrazione diretta verso le coste elleniche e proveniente da quelle turche. L’impossibilità per Atene di gestire la situazione ha portato alla segregazione dei richiedenti asilo e dei migranti economici in campi profughi ingestibili per le Autorità. In uno di questi, pochi giorni fa, ha avuto anche luogo la prima morte registrata causata dalla malaria, una notizia che ha ovviamente allarmato le dodici regioni in cui sono attualmente ospitate persone colpite dal virus, ma anche gli addetti ai lavori. Come riporta l’inviato del quotidiano Politika, infatti, l’associazione ateniese dei medici ha lanciato l’allarme, sottolineando come i continui arrivi e le sistemazioni non igieniche rischino di far esplodere il problema e favorire la diffusione di numerose malattie, come la febbre West Nile. Come prevedibile, questa posizione non è piaciuta al Ministero della Salute, che ha smentito le accuse e dichiarato che sono state intraprese tutte le misure necessarie ad evitare il contagio, un modo forse per tranquillizzare i turisti ed evitare che una psicosi possa mettere in ginocchio l’unico settore ancora funzionante dell’economia locale. Ciononostante, il Ministro competente ha provveduto immediatamente a sospendere le donazioni di sangue in diverse parti del paese. 

Al di là di queste affermazioni, comunque, la situazione resta drammatica. I tagli alle spese, infatti, hanno indebolito notevolmente il Sistema Sanitario, tanto che al momento attuale numerosi ospedali rischiano la chiusura, il numero dei medici è insufficiente e le attrezzature non funzionano. Come evidenzia il Greek Reporter, in un recente documento la Federazione panellenica degli Impiegati negli Ospedali Pubblici (POEDIN) ha affermato senza giri di parole che “gli ospedali, i centri medici, il servizio di ambulanze sono in dissoluzione.” A conferma di ciò, il Sindacato ha citato il caso di uno degli ospedali di Atene, nel quale è rimasto in servizio solo il 60% del personale, che è costretto a coprire i turni mancanti. 

Ad Atene, infine, vi è la concreta paura che le crescenti difficoltà nelle relazioni fra Berlino e Ankara possano spingere nuovamente le autorità di Ankara ad usare l’arma dell’immigrazione per convincere l’Europa ad accettare le sue condizioni. Nel caso ciò avvenisse, infatti, la Grecia sarebbe il primo Paese ad essere travolto, rischiando seriamente di collassare se Bruxelles non decidesse di intervenire al suo fianco. Per tale motivo, è immaginabile che Tsipras e i suoi alleati abbiano particolare interesse a vedere quali saranno le conseguenze pratiche del meeting di Ventotene in merito alla gestione dei profughi e dei migranti.