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LA RIFORMA

La nuova Curia romana senza dottrina

Le anticipazioni riguardo alla nuova Costituzione apostolica che potrebbe essere firmata in giugno da papa Francesco rivelano la marginalizzazione della Congregazione per la Dottrina della Fede e la primazia di un nuovo "super dicastero" per l'Evangelizzazione. Novità che fanno nascere alcune domande.

Editoriali 29_04_2019

Pubblichiamo un articolo del direttore de La Nuova Bussola Quotidiana, pubblicato il 28 aprile su Il Giornale, che commenta le anticipazioni della nuova Costituzione apostolica che riformerà la Curia Romana.

Come ampiamente previsto – o temuto – sarà la Congregazione per la Dottrina della Fede, l’ex Sant’Uffizio, a pagare il prezzo più alto nella riforma della Curia romana a cui papa Francesco si è dedicato sin dall’inizio del suo pontificato. La conferma viene dalle anticipazioni pubblicate dalla rivista spagnola Vida Nueva riguardo la nuova Costituzione apostolica Praedicate Evangelium (titolo provvisorio), la cui bozza è ora in mano ai vari dicasteri vaticani, alle Conferenze episcopali nazionali, e ad alcune pontificie università per eventuali ulteriori suggerimenti. Secondo Vida Nueva, se tutto andrà come previsto, il testo finale sarà approvato dal Consiglio ristretto dei cardinali (rimasti in sei dai nove iniziali che erano) nella riunione di giugno e poi firmato dal Papa il 29 giugno.

La nuova Costituzione, che arriverebbe precisamente 31 anni dopo la Pastor Bonus di san Giovanni Paolo II, che aveva già riorganizzato la Curia, contiene molte novità:  scomparirà la distinzione tra Congregazioni (che hanno un potere esecutivo) e Pontifici consigli (con compiti soprattutto consultivi e di indirizzo); tutti si chiameranno indistintamente Dicasteri, saranno a servizio delle singole diocesi e non solo del Papa. I vescovi di Curia non saranno “superiori” dei vescovi diocesani, ma allo stesso livello, mentre a capo dei vari Dicasteri potranno esserci dei laici. Inoltre la Commissione per la protezione dei minori, attualmente parte della Congregazione per la Dottrina della Fede, diventerà un dipartimento a sé, presumibilmente con poteri legali. Ci saranno ulteriori fusioni tra i vari Pontifici consigli e congregazioni, in aggiunta a quelli già realizzati.

Ma la novità più grande, che certamente segnerà il pontificato di Francesco, è la creazione di un “super-dicastero” per l’Evangelizzazione che sorpasserà la Congregazione per la Dottrina della Fede quanto a importanza. Nel nuovo “super-dicastero” confluiranno l’attuale Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli (nota come Propaganda Fide, rivolta ai territori di missione) e il Pontificio Consiglio per la Nuova evangelizzazione (creato da Benedetto XVI nel 2010 per i paesi di tradizione cristiana ormai secolarizzati). C’è dunque una forte sottolineatura della missionarietà della Chiesa, ma senza la preoccupazione dell’ortodossia che ha sempre caratterizzato fin qui i papi. Questione non da poco visto che compito principale dei vescovi, e quindi del Papa, è quello di trasmettere il depositum fidei, il deposito della fede, ovvero le verità insegnate da Gesù agli apostoli, comprese quelle morali. Nella Pastor Bonus non solo la Congregazione per la Dottrina della Fede veniva confermata come la Suprema, ma fuori da ogni formalità il suo titolare Joseph Ratzinger era davvero il braccio destro di papa Giovanni Paolo II.

Papa Francesco invece, fin dall’inizio del suo pontificato, sebbene abbia sempre affermato di non voler mettere in discussione la dottrina e il catechismo, ha avuto sempre un rapporto difficile con la Congregazione per la Dottrina della Fede, preoccupato soprattutto dell’aspetto pastorale e molto meno dell’ortodossia. In quell’ufficio ha forse visto l’incarnazione di quel “dottrinarismo” e di quella “rigidità” contro cui si è scagliato innumerevoli volte. Così ha snobbato per molto tempo il titolare della Congregazione, il cardinale tedesco Gerhard Müller, solida formazione teologica e curatore dell’opera omnia di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, fino a che lo ha bruscamente liquidato nel 2017 non rinnovandogli il mandato alla sua scadenza.

Data l’importanza di essere precisi riguardo alla fede e alla morale, ogni documento ufficiale del Papa passa tradizionalmente dalla Congregazione per la Dottrina della Fede proprio come aiuto alla missione del Pontefice; ma nel caso dei documenti più controversi di papa Francesco i numerosi rilievi mossi dalla Congregazione – dicono i soliti bene informati – non sono stati presi neanche in considerazione. E i risultati si vedono: l’esortazione post-sinodale Amoris Laetitia, con la sua ambiguità di cui l’aspetto della comunione ai divorziati risposati è il più eclatante, ha generato una evidente confusione e dispute tra i cattolici riguardo ben tre sacramenti: il matrimonio, l’Eucarestia e la confessione. E l’enciclica “verde” Laudato Sì è diventata ormai il pretesto per spingere la Chiesa a identificarsi con WWF e Greenpeace. Senza che mai, di fronte a dubbi e domande, ci sia un intervento di chiarimento.

E dopo il benservito a Müller, alla testa della Congregazione per la Dottrina della Fede dal luglio 2017 è stato messo colui che fino a quel momento ne era il segretario, ovvero il gesuita Luis Francisco Ladaria Ferrer, teologo equilibrato incaricato però di tenere un basso, anzi bassissimo, profilo. In effetti in quasi due anni di ministero ci si è quasi dimenticati dell’esistenza di questa Congregazione, tempo necessario per far passare ora una riforma che la emargina completamente. Dalle anticipazioni pubblicate si capisce che le verrà tolta, in tutto o in parte, anche la competenza sugli abusi sessuali del clero. Il che non è un fatto trascurabile, tanto che nei suoi “Appunti” che tanto hanno fatto rumore, il papa emerito Benedetto XVI ha sottolineato con forza che gli abusi sessuali commessi da preti sono un attentato contro la fede. «Nella coscienza giuridica comune – lamentava Benedetto XVI – la fede non sembra più avere il rango di un bene da proteggere. È una situazione preoccupante».

Considerata la predicazione di papa Francesco, c’è anche curiosità sul significato del super-dicastero per l’Evangelizzazione. Tradizionalmente, quando si parla di missione si fa riferimento al mandato di Gesù ai discepoli: «Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». Ma tema ricorrente negli interventi di papa Francesco è la condanna del proselitismo, inteso come preoccupazione di convertire alla fede cattolica; ha definito peccato il cercare la conversione di altri cristiani al cattolicesimo; quanto agli ebrei, un documento del 2015 della Commissione vaticana per i rapporti religiosi con l’ebraismo escludeva ogni «missione istituzionale diretta agli ebrei»; esclusione che, di fatto, ormai pare allargarsi anche ai musulmani, vista anche la rilettura “buonista” dell’incontro di san Francesco con il Sultano. Se poi guardiamo ai documenti preparatori per il prossimo Sinodo sull’Amazzonia, vediamo una esaltazione delle religioni pagane – secondo un mito che ci vede una presunta armonia con la natura – e una critica serrata alla cristianizzazione. Come deve essere dunque intesa l’evangelizzazione? È una domanda a cui si spera risponda la Praedicate Evangelium.