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MEDITERRANEO

La nuova guerra fredda approda in Libia

L'esercito di Haftar viene sconfitto e obbligato ad abbandonare i pozzi petroliferi. Fra le truppe avanzanti ci sono i qaedisti di Bengasi, ma anche le milizie di Misurata, fedeli al governo, benché Al Serraj declini ogni responsabilità. La situazione in Libia si complica da quando Haftar si è alleato con la Russia. Quindi l'Occidente sta dalla parte dei qaedisti, nella nuova guerra fredda?

Esteri 08_03_2017
Il generale Haftar

L’ennesimo colpo di scena in Libia vede le truppe dell’Esercito Nazionale Libico (ENL) del maresciallo Khalifa Haftar colte di sorpresa da un blitz delle milizie jihadiste diretto a colpire la Mezzaluna petrolifera, la regione del Golfo della Sirte i cui terminal del greggio vennero occupati da Haftar nel settembre scorso.

In quella occasione Francia, Germania, Italia, Spagna, Stati Uniti e Regno Unito (schierati al fianco del governo voluto dall’Onu di Fayez al-Sarraj) condannarono il blitz facendo appello a “tutte le forze militari che sono entrate nella Mezzaluna petrolifera a ritirarsi immediatamente, senza precondizioni”. Haftar decise quindi di mantenere il controllo militare dei pozzi consegnandoli per il loro sfruttamento alla compagnia petrolifera nazionale libica NOC. Sei mesi or sono le truppe dell’ENL espugnarono i terminal strappandoli alle milizie della Petroleum Facilities Guard guidate dall’ambiguo Ibrahim Jadhran, venerdì scorso invece i porti e le installazioni petrolifere di Sidra e Ras Lanuf sono stati conquistati dall’offensiva condotta dalle Brigate della difesa di Bengasi, milizia qaedista fondata nel giugno del 2016 che raggruppa combattenti di diversi movimenti jihadisti incluso Ansar al-Sharia e il Consiglio della Shura dei rivoluzionari di Bengasi.

Sconfitti a Bengasi dopo una battaglia durata oltre un anno, i qaedisti hanno trovato nuovo slancio e soprattutto armi ed equipaggiamenti pesanti per impiegare un migliaio di combattenti dotati di circa 200 veicoli come ha precisato il portavoce della Brigata 101, Faisal al-Zwei, aggiungendo che a sostegno dei miliziani si sono aggiunti alcuni combattenti delle Petroleum Facilities Guard in cerca di rivincita. Il governo di al Sarraj a Tripoli ha condannato l’attacco precisando di non avere alcun ruolo nell’offensiva, cui le forze di Haftar hanno replicato con bombardamenti aerei e una controffensiva scatenata domenica sera, che sembra aver portato alla riconquista di Ras Lanuf. Il colonnello Ahmad al-Mismari, portavoce dell’Esercito Nazionale Libico sostiene però che con i qaedisti vi siano non solo milizie tribali, ma anche combattenti della milizia di Misurata fedele al governo di Fayez al-Sarraj. La presenza di forze di Misurata, milizia considerata la più potente della Libia, artefice della liberazione di Sirte dal dominio dello Stato Islamico e  che gode del sostegno di Stati Uniti, Gran Bretagna e Italia, induce a valutare la possibilità che si sti costituendo un’alleanza tra milizie di Tripoli e forze jihadiste (dai qaedisti ai Fratelli Musulmani della Tripolitania) approvata da diversi paesi occidentali con l’obiettivo di sconfiggere le truppe di Haftar e strappare loro il controllo della Mezzaluna Petrolifera e delle sue risorse.

A far cadere Haftar nel mirino delle potenze occidentali potrebbe aver contribuito l’accordo che il Maresciallo ha firmato con Mosca a bordo della portaerei russa Kuznetsov cui ha fatto seguito un’intesa firmata dalla NOC e dalla compagnia petrolifera russa Rosneft che porta prepotentemente la Russia al centro del business petrolifero libico. Se così fosse il confronto tra Usa/Nato da una parte e la Russia dall’altro, già evidente nella guerra siriana, rischierebbe di allargarsi anche alla crisi libica mettendo in forse ogni ipotesi di soluzione politica tanto auspicata da Roma anche per fermare i flussi di immigrati illegali. L’aspetto paradossale, ma non certo nuovo, è che l’Occidente si troverebbe ancora una volta (dopo la guerra in Siria) dalla parte di jihadisti la cui ideologia è la stessa dei terroristi che colpiscono in Usa ed Europa.