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ELEZIONI USA

L'Fbi chiude l'emailgate, giusto in tempo per Hillary

Complotto dell'Fbi contro la Clinton? Tanti ne avevano parlato, all'apertura del suo caso da parte della polizia federale. Ma il caso è archiviato. L'aspetto strano, però, è l'opposto: perché, con tutto quel che c'è di grave nel caso email gate, l'Fbi finora non aveva indagato sulla candidata democratica?

Esteri 08_11_2016
Il direttore dell'FBI, Comey

L’FBI ha chiuso le nuove indagini sul cosiddetto “emailgate” concludendo che Hillary Clinton è pulita. Lo avevamo detto quando, il 28 ottobre, il Bureau aveva ipotizzando che altre email appartenenti ad altri soggetti potessero condurre a una qualche notizia criminis vista la contiguità fra l’ex First Lady e quei soggetti: se questa nuova indagine, a orologeria e a doppio taglio, l’avesse scagionata in tempo per il voto, nulla avrebbe più potuto fermare la Clinton. 

Chi si è stracciato le vesti gridando all’ingerenza adesso tace, ma la seconda indagine aperta dal Bureau non è stata affatto un’ingerenza. L’ingerenza vera sono stati i lunghi mesi di accondiscendenza dell’FBI al Team Clinton per una faccenda tutt’altro che risolta. La Clinton ha infatti commesso certamente un illecito grave: quel che resta da stabilire, se qualcuno lo volesse fare, è quanto grave. Con la prima indagine, è infatti stato nientemeno che il direttore dell’FBI, James B. Comey, ad appurare che, quando era Segretario di Stato tra il 2009 e il 2013, Hillary ha gestito attraverso server privati non criptati la corrispondenza istituzionale spesso fatta d’informazioni riservate o “confidenziali” o addirittura top-secret, e che, contrariamente a quanto da lei dichiarato, molto del materiale passato per quei server non è mai stato consegnato, come invece richiesto, al Bureau. Per molto, molto meno, un semplice impiegato sarebbe stato interdetto a vita dai pubblici uffici.

La seconda indagine avrebbe quindi potuto essere un correttivo a quest’anomalia inquietante, ma si è invece trasformata in un aiuto ancora più decisivo. È un complotto a favore del Partito Democratico? No, è “solo” la conferma della grave politicizzazione in cui è intrappolata la giustizia dell’Amministrazione Obama. Il comportamento di Comey durante e al termine della prima indagine è infatti sempre stato avallato dal silenzio del ministro della Giustizia, Loretta Lynch, e ultimamente del presidente Barack Obama; quando Comey ha di testa propria avviato la seconda indagine, prima ancora delle furie della Clinton ha scatenato quella della Lynch, clintoniana di ferro, da cui dipende.

Peraltro nella seconda indagine almeno due dati lasciano perplessi. Il primo è che l’investigazione ha riguardato la bellezza di 650mila email e che per indagare 650mila email sono stati impiegati soltanto nove giorni festività comprese. La seconda è che nella lettera inviata il 6 novembre al Congresso federale per notificare la conclusione della nuova indagine il direttore Comey rasenta ? come praticamente tutti, negli Stati Uniti, stanno dicendo ? il ridicolo: a conclusione delle operazioni di scrutinio di quei 650mila messaggi «[…] non abbiamo cambiato le conclusioni espresse in luglio». Cioè che, come disse Comey in luglio, Hillary ha commesso illeciti, ma che pure nessuno intende procedere? Perché il punto documentato è che l’ex First Lady ha gestito importanti affari di Stato senza la minima protezione e che ha trafficato per interessi privati piegandovi la politica estera statunitense e abusando del proprio ruolo politico.

Del resto, quello che raccontando questo ennesimo colpo di spugna nessuno spiega bene è il motivo per cui Comey abbia deciso di riaprire le indagini. Certo, tutti scrivono che lo ha fatto perché, indagando per molestie sessuali l’ex deputato Democratico Anthony D. Weiner, marito separato (da fine agosto) di Huma Abedin, l’assistente più fidata di Hillary, l’FBI ha trovato su apparecchi di Anthony e Huma email che avrebbero potuto ricondurre al transito illecito, operato dalla Clinton, d’informazioni istituzionali riservate. Ma il non detto è che tutto nasce dalla denuncia all’Ufficio per i servizi ai minori e alla famiglia dello Stato di New York che il 31 agosto William Donohue, presidente della Catholic League (un advocacy group che difende i diritti pubblici dei cattolici), ha presentato contro Weiner per possibili abusi ai danni del figlio Jordan di quattro anni. Da anni Weiner molesta donne inviando tramite social media foto dei propri genitali (perse il posto di deputato nel 2011 per questo), ma, come pubblicato da The New York Post quello stesso 31 agosto, due giorni prima, il 29, l’ex deputato ha diffuso una fotografia in cui è sdraiato a letto accanto al figlioletto addormentato mostrando, da sotto i pantaloni, un’erezione. Fu allora che la moglie Huma decise di separarsi da lui, nonostante i suoi scandali sessuali continuassero da anni.

Alla denuncia sono dunque seguite le indagini e dall’Ufficio minori dello Stato di New York la cosa è passata all’FBI che in breve ha sequestrato le apparecchiature elettroniche dei coniugi Weiner trovandovi elementi che in qualche modo avrebbero potuto riportare a Hillary Clinton. La quale non c’entra con le molestie di Anthony Weiner, ma molto con gl’incarichi affidati a sua moglie Huma Abedin. Un atto dovuto, certo, ma che ha offerto un’occasione d’oro per un’ordalia pubblica che ha ripulito l’immagine della Clinton, consegnandole la Casa Bianca su un piatto d’argento. Oppure, molto più semplicemente, come dice lo scrittore liberal Jonathan Safran Foer a Massimo Gaggi del Corriere della Sera, si tratta di «una lotta interna tra fazioni della polizia federale e tra governo ed Fbi». Comunque sia, Hillary è uscita indenne anche dall’ultimo di una lista di scandali lunga decenni. È vero: Donald J. Trump è imprevedibile, mentre Hillary è prevedibilissima.