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VATICANO-ITALIA

Libertà religiosa, il Papa loda il ruolo dell'Italia

Sensibilità verso le minoranze cristiane nel mondo e vicenda del Crocifisso: sono questi i due punti positivi del ruolo dell'Italia, ricordati nel discorso al nuovo ambasciatore.

Attualità 17_12_2010

Il 16 dicembre il Papa ha reso pubblico il suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2011, dedicato alla libertà religiosa. Il 17 dicembre il Papa ha ricevuto per la presentazione delle lettere credenziali il nuovo ambasciatore italiano presso la Santa Sede, Francesco Maria Greco, rivolgendogli un discorso che applica all’Italia i due principi del Messaggio sulla libertà religiosa.

Il primo principio riguarda l’Africa e l’Asia, e chiede di non tacere più di fronte alle persecuzioni religiose, di cui in troppi Paesi sono fatti oggetto soprattutto i cristiani. Al nuovo ambasciatore il Papa ricorda il carattere fondamentale e primario della libertà religiosa, che non è solo libertà di culto ma anche di missione e di annuncio, e fa notare come l’Italia e il suo governo «hanno dimostrato una particolare sensibilità per la sorte di quelle minoranze cristiane, che, a motivo della loro fede, subiscono violenze, vengono discriminate o sono costrette ad una forzata emigrazione dalla loro patria». Benedetto XVI loda così quella collaborazione fra l’attuale governo italiano e la diplomazia della Santa Sede che in molti casi ha permesso di risolvere positivamente casi di persecuzione contro le minoranze cristiane.

Il secondo principio del Messaggio, richiamato nel discorso all’ambasciatore è quello secondo cui vi è una forma più sottile di discriminazione, che prevale in Europa e in Occidente e che consiste nel discriminare ed emarginare la religione a partire dai suoi simboli.
Il Papa ricorda che l’Italia ha conosciuto da questo punto di vista «vicende liete e tristi» e richiama le  imminenti «celebrazioni per il 150° anniversario dell’unità d’Italia», definendole «occasione per una riflessione non solo di tipo commemorativo, ma anche di carattere progettuale, assai opportuna nella difficile fase storica attuale, nazionale ed internazionale». Questa riflessione non può trascurare come criterio d’interpretazione delle vicende storiche quello della necessità di una «collaborazione fra la comunità civile e quella religiosa, esigenza tanto più sentita in un Paese come l’Italia, la cui storia e cultura sono così profondamente segnate dalla Chiesa cattolica e nella cui capitale ha la sua sede episcopale il Capo visibile di tale Comunità, diffusa in tutto il mondo».

La collaborazione non è né la confusione fondamentalista tra politica e religione, né quella separazione laicista che troppe volte si è manifestata nella storia dell’Italia unita. Le caratteristiche e le peculiarità cattoliche, ricorda il Papa, «che da secoli fanno parte del patrimonio storico e culturale dell’Italia, non possono essere negate, dimenticate o emarginate; l’esperienza di questi 150 anni insegna che quando si è cercato di farlo, si sono causati pericolosi squilibri e dolorose fratture nella vita sociale del Paese».

Nel momento in cui il Concordato è sotto attacco, e ogni tanto qualcuno ne invoca l’abolizione, il Papa parla invece al suo proposito «di un giusto equilibrio di rapporti, del quale si avvantaggiano la Sede Apostolica così come lo Stato e la Chiesa in Italia. […]  È perciò di grande importanza osservare e, allo stesso tempo, sviluppare la lettera e lo spirito di quegli Accordi e di quelli che ne sono derivati, ricordando che essi hanno garantito e possono ancora garantire una serena convivenza della società italiana».

Nello spirito del Messaggio sulla libertà religiosa, il Papa ricorda poi all’ambasciatore che questa ha «una dimensione non solo personale, perché “la stessa natura sociale dell'essere umano esige che egli esprima esternamente gli atti interni di religione, comunichi con altri in materia religiosa e professi la propria religione in modo comunitario” (CONC. VAT. II, Dich. Dignitatis humanae, 3)». Ne consegue che non è sufficiente tutelare «solo i diritti dei credenti alla libertà di coscienza e di religione». L’Italia deve riconoscere in modo esplicito «anche il ruolo legittimo della religione e delle comunità religiose nella sfera pubblica».

È necessario ricordare questi principi anche a proposito dell’Italia, perché oggi c’è chi cerca di proporre o d’imporre al nostro Paese «la via dell’emarginazione o perfino del rifiuto esplicito del fattore religioso». Un grave episodio che Benedetto XVI ha voluto citare esplicitamente è «il tentativo di eliminare dai luoghi pubblici l’esposizione dei simboli religiosi, primo fra tutti il Crocifisso». Qui, però, l’attuale governo italiano riceve un’ulteriore nota di merito. Mentre altri governi promuovono attivamente la rimozione del Crocifisso dallo spazio pubblico, quello italiano resiste alle iniziative europee che vorrebbero imporla. «Desidero esprimere il mio apprezzamento al Governo italiano – ha detto il Papa –  che a questo riguardo si è mosso in conformità a una corretta visione della laicità e alla luce della sua storia, cultura e tradizione». Il Papa non entra nei meandri tortuosi della politica italiana. Ma, nel giudicare i governi, ci ricorda che questi aspetti contano.