Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Venerdì Santo a cura di Ermes Dovico
STORIA

Lituania, la resistenza anticomunista dimenticata

Dal 1944 al 1953, la piccola Lituania combatté una disperata guerra di resistenza contro l'Unione Sovietica occupante. Una lotta disperata quanto sconosciuta, ricordata dal libro degli storici Dalia Kuodyte e Rokas Tracevskis.

Cultura 18_04_2014
Adolfas Ramanauskas-Vanagas, comandante partigiano

Dall’invasione tedesca del 1941 alla fine della resistenza antisovietica del 1959 la Lituania perse più di un terzo della sua popolazione tra morti in guerra, fucilazioni e deportazioni: 1.240.000 persone, di cui un milione solo tra il 1944 e il 1949 per opera dei sovietici. La prima occupazione sovietica (1940-41) in un solo anno deportò in Siberia 40mila lituani. In 100mila, arrivati i tedeschi, finirono al lavoro coatto nei lager della Germania. Infatti, mentre lettoni ed estoni erano definiti «di razza ariana», i lituani erano visti come «slavi», dunque inferiori.

L’indipendenza politica della Lituania fu breve: dal 1918 (dissoluzione dell’impero zarista) al 1940 (invasione russa in base al patto Molotov-Ribbentrop). Quando alla conferenza di Teheran (1943) fu concordata la spartizione del mondo in due blocchi, poi decisa definitivamente a Yalta (1945), i lituani compresero di essere soli. E si diedero alla macchia. Un esercito partigiano forte di ben centomila uomini, chiamati Miško Broliai («Fratelli del Bosco»), tra cui molte donne, tennero in scacco per dieci anni 300mila soldati sovietici affiancati da 40mila agenti dell’Nkvd, la polizia politica antenata del Kgb. Inquadrati come un vero esercito regolare, con tanto di uniformi e segni distintivi, i partigiani poterono contare sulla geografia di un Paese costituito in gran parte da foreste.

Questa resistenza, che costò loro oltre 30mila morti, fu proporzionalmente più estesa di quella che, negli stessi anni, ebbe luogo nelle regioni occidentali dell’Ucraina, ma l’opera possente della dezinformatzija sovietica, il cui apparato spionistico non aveva rivali al mondo, riuscì a far sì che nessuno ne sapesse niente. Era vitale per l’Urss mantenere i popoli ad essa soggetti e pure il resto del mondo nella convinzione che la pax sovietica regnava indisturbata. Se fosse trapelato che sacche di resistenza sopravvivevano malgrado tutto, il contagio avrebbe potuto propalarsi. E magari impensierire davvero il Cremlino se si fosse saputo che c’era addirittura un luogo in cui non si riusciva a venirne a capo. E anche all’estero, come si è detto, bisognava che stagnasse la cappa del silenzio. Basti vedere quel che successe nel 1956, quando la repressione dell’insurrezione ungherese causò un’emorragia di iscritti ai vari partiti comunisti occidentali.

Solo dopo l’indipendenza raggiunta nel 1990, a crollo dell’Urss avvenuto, gli storici lituani hanno potuto cominciare a muoversi e oggi un libro ricco di fotografie d’epoca riporta alla luce questa resistenza dimenticata: La guerra sconosciuta. La resistenza armata antisovietica in  Lituania negli anni 1944-1953, di Dalia Kuodyte e Rokas Tracevskis (Il Cerchio). Naturalmente, quei partigiani non avevano speranza. Ed è singolare che, tuttavia, abbiano deciso di combattere lo stesso, soli contro il gigante sovietico. Ma fu grazie a questa disperata lotta se le deportazioni di lituani in Siberia si fermarono a 500mila unità (un quarto erano sacerdoti), la leva forzata nei ranghi dell’Armata Rossa e le altrettanto forzate collettivizzazioni vennero quanto meno inceppate. Ciò risparmiò alla Lituania la «diluizione etnica» messa in pratica dallo stalinismo con lo spostamento biblico di popolazioni da un territorio a un altro dell’impero rosso. Gli esiti nefasti di questa manovra la vediamo oggi alla ribalta nei problemi gravissimi insorti nell’Ucraina orientale e in Crimea. E forse la vedremo prima o poi, se si innesca l’effetto domino, negli altri Paesi Baltici. La resistenza lituana protesse il clero e la fede, e rappresentò davvero un unicum perché subito i sovietici si resero conto che avevano a che fare con un intero popolo. Infatti, i partigiani potevano contare sull’appoggio della totalità della popolazione che garantiva loro copertura, rifugio, viveri e informazioni. Il che permise alla resistenza antisovietica lituana di costituire forse il più lungo fenomeno di guerriglia del XX secolo.

Dalia Kuodyte e Rokas Tracevskis: La guerra sconosciuta. La resistenza armata antisovietica in  Lituania negli anni 1944-1953, Il Cerchio (www.ilcerchio.it), pp. 60.