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POLITICA IN MOVIMENTO

Malumori fra i giallo-verdi. Ma a sinistra c'è il vuoto

Sulla manovra finanziaria, Lega e M5S non sono sulla stessa linea. In compenso si sta ricompattando il centrodestra, con accordi fra Berlusconi e Salvini, anche sulla Rai. E il M5S, che vive grazie all'anti-berlusconismo, non può seguire l'alleato di governo. Sono fortunati, però, perché il Pd sta implodendo. E LeU non sta meglio.

Politica 19_09_2018
Centrodestra, di nuovo unito?

Il governo è alle prese con la manovra finanziaria, sulla quale Lega e Cinque Stelle non pensano esattamente le stesse cose. Peraltro i due alleati di governo litigano aspramente con il Ministro dell’Economia, Giuseppe Tria, che non vuole allentare i cordoni della borsa. Sullo sfondo, però, si registrano interessanti manovre partitiche in vista delle elezioni europee dell’anno prossimo.

I sondaggi continuano a premiare la diarchia giallo-verde, ma è ancora presto per parlare di trend consolidato. La prima legge di stabilità sarà un banco di prova per testare la compatibilità delle promesse elettorali dei due partiti, che su molti punti non convergono, anzi appaiono inconciliabili. D’altronde è l’effetto del voto del 4 marzo, che ha premiato i Cinque Stelle, ma non così tanto da consentire loro di governare da soli, e ha consacrato il centrodestra primo schieramento, ma senza attribuirgli la maggioranza necessaria per conquistare Palazzo Chigi.

La novità degli ultimi giorni è il progressivo ricompattamento del centrodestra, che sta trovando la quadra su Rai, nomina del vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura e candidature per le regionali in Abruzzo, Basilicata, Sardegna. Quello che però balza agli occhi è il doppio binario leghista. Matteo Salvini intende governare nelle Regioni con Forza Italia e Fratelli d’Italia e a Roma con i pentastellati.

Il Ministro dell’Interno si è affrettato a dire che il governo Conte durerà 5 anni, ma nel frattempo sta rispolverando tutti i suoi accordi con Berlusconi e sta scegliendo con lui i candidati governatori. Sembra di essere tornati ai tempi dei centristi di Angelino Alfano e Pierferdinando Casini, che venivano accusati di opportunismo e incoerenza proprio perché stringevano alleanze a pelle di leopardo, un po’ con la sinistra un po’ con la destra, a seconda delle convenienze del momento. Evidentemente le valutazioni di realpolitik alla fine prendono sempre il sopravvento, a prescindere dal colore e dagli schieramenti.

I Cinque Stelle, di fronte a questo riavvicinamento tra Salvini e Berlusconi, fanno buon viso a cattivo gioco, ma temono di perdere credibilità agli occhi del loro elettorato, che dell’antiberlusconismo ha fatto un decennale cavallo di battaglia. Ecco perché su molti temi, dalle pensioni al reddito di cittadinanza, Luigi Di Maio tiene duro e incalza l’alleato di governo, per paura di non riuscire a portare a casa i risultati promessi in campagna elettorale, soprattutto al sud.

Per fortuna di Cinque Stelle e centrodestra, a sinistra c’è il vuoto. Il Pd è lacerato da divisioni profondissime e ha perso il contatto con il cosiddetto popolo della sinistra. L’eterno ritorno di Matteo Renzi, che aveva annunciato il ritiro dalla vita politica in caso di sconfitta al referendum costituzionale e che invece continua a voler dare le carte, sta innervosendo i vertici dem, convinti che si debba voltare pagina rispetto al renzismo, per aprire una fase nuova e di ricostruzione. La vicenda della cena organizzata dall’ex Ministro, Carlo Calenda, e saltata per l’indisponibilità di Matteo Renzi (gli altri invitati sarebbero stati l’ex premier, Paolo Gentiloni e l’ex Ministro, Marco Minniti), è solo l’ennesima dimostrazione dell’agonia di un partito che, perfino a detta del suo presidente, Matteo Orfini, andrebbe sciolto e rifondato.

Ieri lo stesso Calenda ha riconfermato la sua idea: meglio che il Pd non si presenti alle prossime elezioni perché rischierebbe un’altra debacle. Poi ha attaccato tutta la dirigenza: "Non importa ai dirigenti di perdere le prossime elezioni europee e regionali. Quello che importa a loro è il congresso. Sta diventando un posto in cui l'unico segretario che si dovrebbe candidare è il presidente dell'associazione di psichiatria".

Ma neppure il resto della sinistra ha motivi per sorridere. Laura Boldrini, di Liberi e Uguali, fiutando l’aria, si dice convinta che le forze di sinistra alle prossime elezioni europee non dovrebbero presentarsi con i propri simboli, bensì tutte unite in un unico raggruppamento europeista e riformista, in contrapposizione ai sovranisti. In verità l’ex Presidente della Camera dimentica che si tratterà di un voto con sistema proporzionale, che esalterà proprio le identità dei singoli gruppi politici. E c’è da scommettere che la composizione del prossimo Parlamento europeo sarà molto diversa da quella attuale.