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APPROPRIAZIONE INDEBITA

Moschee, ecco le nuove regole

Il ministero dell'Interno approva. Garantiscono trasparenza impedendo abusi. Un buon consiglio: sermoni in italiano, preghiera coranica in arabo.

islam

Stop alle moschee selvagge. Dal Comitato per l’Islam Italiano arrivano le regole per coniugare la sicurezza e l’integrazione. Con il parere approvato ieri e consegnato al ministro dell’Interno Roberto Maroni e al sottosegretario Alfredo Mantovano, si indica alla comunità islamica la strada per fare venire a galla una realtà sommersa, in cui si annidano sacche d’illegalità insieme a situazioni d’incertezza legislativa. C’è chi maschera la sala di preghiera da bocciofila, chi da centro ricreativo, chi da circolo culturale, a seconda anche degli orientamenti che giungono dalle diverse amministrazioni locali o dai commercialisti che consigliano di trasformarsi in onlus piuttosto che in altre forme giuridiche.

Su 764 luoghi di culto per i musulmani, la gran parte è costituita da magazzini e scantinati adibiti alla preghiera, mentre le moschee vere e proprie, costruite con cupole e minareto, sono appena tre, a Roma, Catania e Milano. È l’esito del malcostume imperante, che ha fatto sì che si cercasse la soluzione abborracciata, “all’italiana”: si chiede il cambio di destinazione d’uso confidando sull’approvazione successiva di un assessore o di un sindaco compiacente. Ma è sufficiente che un esercizio commerciale o la popolazione delle vicinanze presentino un ricorso e si perdono anni in ricorsi davanti al Tar. Le sentenze, fra l’altro, danno regolarmente torto ai “furbetti”. Ed è quindi necessario mettere fine al far west, tracciando le linee per una regolamentazione.

Nel documento approvato ieri, che passa in rassegna tutte le proposte legislative in materia, si raccomanda che le zone prescelte per l’insediamento delle moschee siano previste nel piano regolatore in una categoria apposita per le attrezzature religiose, escludendo le aree residenziali. Non è tutto. Oltre a consigliare alcune “buone pratiche” per le gestione trasparente dei luoghi di culto, si chiede anche con forza la condivisione della Carta dei Valori della cittadinanza e dell’integrazione, nata nell’ambito della precedente Consulta per l’Islam – e poi adottata nel 2007 con un decreto del ministro dell’Interno – per ancorarsi alla Costituzione, allontanare ogni minaccia di antisemitismo e chiarire che i diritti umani sono prerogativa di uomini e donne indistintamente.

È uno dei motivi per cui il parere degli esperti nominati dal Viminale esprime un secco no ai patti fra le istituzioni e i gruppi fondamentalisti. In altri Paesi come il Regno Unito o la Francia, l’approccio orientato esclusivamente alla sicurezza ha visto alcuni effetti positivi della collaborazione intensa fra i musulmani non-violenti e le autorità. Quel che è mancato è l’attenzione alla compatibilità e alla condivisione dei valori. Così si mette in chiaro da subito che «la moschea non soggiace che alle leggi dello Stato in cui sorge». Se c’è ancora chi propugna la separazione del territorio dei credenti, dove vige la legge coranica, e la “casa della guerra”, dove vivono i miscredenti, è servito.

Se non sono le moschee stesse a prevenire il radicalismo, del resto, ogni altra azione rischia di rivelarsi inefficace. Perciò è stato preso come modello di iter verso l’emersione uno “Statuto delle moschee” elaborato dalla Co.Re.Is e dalla Grande Moschea di Roma, in cui si consiglia di non consentire «attività di propaganda politica e ideologica» e che «i sermoni siano pronunciati in lingua italiana, laddove la recitazione coranica della preghiera rituale deve essere tenuta in lingua araba». Non un obbligo, ma un auspicio per la massima trasparenza, di cui si dovrà tener conto «anche per la celebrazione di matrimoni all’interno di strutture religiose», per evitare il diffondersi della poligamia. E si invita inoltre a separare il luogo di culto dagli spazi adibiti a pratiche sanitarie, nel tentativo di arginare il fenomeno delle mutilazioni genitali.

Dopo essersi espresso sull’opportunità di disciplinare l’uso del burqa e del niqab secondo le leggi sulla sicurezza e aver indicato il proprio orientamento verso l’emersione delle moschee, il Comitato per l’Islam Italiano ha in agenda un intervento sull’associazionismo e gli imam.

Da Libero, del 28 gennaio 2011