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IRAQ

Mosul, la dura lotta per la liberazione dall'Isis

E' ricominciata l'offensiva delle forze regolari irachene per la riconquista di Mosul. Finora le operazioni sono durate tre mesi e sono costate 2500 morti. L'Isis arrocato sulla riva Ovest del Tigri, ha 3mila combattenti mischiati fra quasi un milione di civili, usati come scudi umani. E c'è il rischio del suo ritorno anche sulla sponda Est.

Esteri 21_02_2017
Mosul, colonna irachena

L'offensiva della forze irachene appoggiate dalla Coalizione a guida USA per strappare all'Isis anche la parte Ovest di Mosul, ultima roccaforte dei jihadisti in Iraq, ha preso il via ieri mattina con il fuoco di supporto dei bombardamenti aerei e d'artiglieria e con i mezzi blindati e migliaia di uomini che avanzano da diverse direzioni.

Lo ha annunciato il premier iracheno Haider al-Abadi in tv, promettendo la "liberazione per sempre della popolazione di Mosul dall'oppressione dell'Isis e dal terrorismo". Nessun facile ottimismo però circa un rapidi successo in quella che è la terza offensiva nella battaglia di Mosul iniziata a metà ottobre dell’anno scorso. La prima portò alla liberazione dei dintorni della città e a stringere d’assedio il centro urbano; la seconda vide la penetrazione delle forze scelte irachene nei quartieri sud orientali e la terza portò all’assalto alla roccaforte settentrionale della cittadella universitaria fino a raggiungere la sponda del fiume Tigri il 18 gennaio.

La presa di Mosul Est ha richiesto più di tre mesi di combattimenti e probabilmente ci vorranno molte settimane per liberare l’area a ovest del Tigri caratterizzata da un centro storico densamente popolato (si calcona in circa 750mila i civili rimasti in questi quartieri) per lo più da sunniti simpatizzanti del Califfato, certo preferito al governo scita di Baghdad. Al-Abadi ne è consapevole e nel discorso in tv ha anche chiesto ai suoi uomini di trattare i civili con riguardo e di rispettare i diritti umani. Un monito quanto mai necessario dopo che sui social media è stato pubblicato un video che ritrae soldati con indosso le divise della polizia federale di Baghdad mentre massacrano con calci e pugni quattro civili, li insultano e infine ne ammazzano tre crivellandoli di colpi a Mosul Est. Non è certa l’autenticità del video ma non sarebbe la prima volta che militari e paramilitari sciiti di Baghdad si macchiano di violenze sulla popolazione sunnita nelle aree liberate dal Califfato.

Le violenze comunque si sprecano su entrambi i lati del fronte. A metà gennaio una tv libanese ha raccontato la storia di una donna e dei suoi quattro figli dati alle fiamme dai miliziani dell’Isis di fronte ad altri civili. Se non ci sarà un imprevisto rapido crollo delle capacità militari dell’Isis, che si stima mantenga a Mosul almeno 3mila combattenti, la battaglia potrebbe durare a lungo con stime che arrivano a prevedere la completa liberazione della città non prima di giugno. Eppure per quest’ultima offensiva Baghdad ha messo in campo le sue unità migliori già utilizzate nelle precedenti fasi dell’offensiva le cui pesanti perdite (oltre 2.500 i caduti iracheni stimati finora, almeno il triplo i feriti) sono state ripianate da reclute addestrate dalle forze alleate.

Il comandante delle forze speciale dell’antiterrorismo, il generale Maan al Saadi, ha detto che ci vorranno almeno 7 giorni per arrivare alle porte della città e che l’ostacolo maggiore sono ancora i civili, che i jihadisti utilizzano come ‘scudi umani’ e sottopongono a terribili ritorsioni. Secondo il generale Nayem Abdullah al-Jaburi, comandante delle operazioni di liberazione della provincia di Ninive sono state mobilitate le Unità della Polizia Federale, la Nona Brigata Corazzata e un gran numero di effettivi delle forze speciali e dell’Esercito regolare. Le forze corazzate della Nona Brigata con i tank M-1 e T-72 saranno preziose nella battaglia in campo aperto per la conquista dell’aeroporto di Mosul, baluardo delle difese dello Stato Islamico sul fronte meridionale protetto da due basi fortificate realizzate dagli statunitensi negli anni scorsi e in grado di offrire supporto di fuoco l’una all’altra.

Nella battaglia di Mosul Ovest gran parte degli analisti prevede "combattimenti casa per casa, più sanguinosi, più estesi e più distruttivi". L’offensiva in queste prime ore punta da sud verso l’aeroporto e da est verso il cuore della città con le truppe di Baghdad impegnate ad attraversare il fiume Tigri impiegando ponti di barche ostruiti dopo la distruzione di tutti i cinque ponti che collegavano le due rive del fiume. Tra le incognite militari non mancano le perplessità circa la residua presenza di forze dell’Isis nei quartieri orientali liberati ufficialmente un mese or sono. Sabato almeno 3 civili sono morti e 12 sono rimasti feriti nelle esplosioni causate da due kamikaze nella parte orientale di Mosul. Testimonianze confermano la presenza dei jihadisti nelle aree “liberate” della città. Nuriya Bashir è restata a Mosul est nel corso dell’intera offensiva, ma ha deciso di abbandonare la casa con i nipoti dopo la liberazione. “Cellule dormienti dell’Isis sono presenti ovunque”, racconta dal campo profughi di Hassansham, alla periferia orientale della città. “Con la liberazione di Mosul est, molti profughi avevano lasciato il campo per ritornare alle loro case” racconta Rizqar Obeid, il direttore dei campi di Khazer e Hassancham. “Ma negli ultimi giorni, abbiamo ricevuto circa 40 famiglie che non potevano più tollerare la situazione in città”. Oum Samir accusa le forze di sicurezza di non fare più il loro lavoro nei quartieri liberati perché impegnate nell’offensiva a ovest.

Le unità d’élite dell’anti-terrorismo (CTS), protagoniste della riconquista della zona a est del Tigri, se ne sono andate. “Abbiamo lasciato quella parte della città all’esercito”, spiega il generale Abdulwahab al-Saadi, uno dei comandanti del CTS. Anche secondo lui la situazione resta difficile soprattutto per i civili che abitano vicino al fiume che separa la città in due perchè “i jihadisti dell’ovest continuano a tirare colpi di mortaio”. Droni armati e mortai non sono l’unico problema. “E’ ovvio che ci siano ancora problemi di sicurezza a Mosul est: gli abitanti di quattro villaggi, situati appena ai limiti settentrionali della città, sul lato orientale del Tigri, hanno raccontato che ci sono ancora jihadisti in mezzo a loro: ce ne sono un centinaio nell’area, che se ne vanno in giro liberamente con le armi e le uniformi da combattimento” racconta un residente che non vuole rivelare il suo nome per paura di rappresaglie.

Secondo il think-tank americano Institute for the Study of War (ISW), la mancanza di un presidio militare affidabile a Mosul est potrebbe spianare la strada al ritorno dei jihadisti. Oltre all’impatto immediato sulle vite dei civili l’ISW mette in guardia che tali “nuove infiltrazioni potrebbero anche mettere a rischio gli sforzi per riprendere il lato ovest, costringendo le truppe irachene a combattere su due fronti”. In ogni caso la riconquista della città non porterà automaticamente alla fine delle violenze e degli attentati in quella regione dell’Iraq.