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VACANZE LETTERARIE / 6

Nell'abbazia di san Gallo e di Reichenau, dove nacque la Salve Regina

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Vicino a San Gallo, sull’isola di Reichenau nelle acque del Lago di Costanza si trova l’abbazia omonima, tra le più importanti a livello culturale nell’Alto Medioevo insieme a quella di San Gallo.

Cultura 28_08_2023

«Vacanze» è vocabolo che andrebbe riscoperto nel suo valore etimologico. Indica quel tempo libero dai soliti impegni e dal lavoro che può essere dedicato ad uno scopo e ad un fine diversi.

Secoli fa esistevano già le vacanze letterarie. Certamente, erano per pochissimi. Nelle lettere Petrarca raccontava dei suoi viaggi in Europa e in Italia, mosso principalmente dall’«amor dello studio» e dalla «smania di veder molte cose». Dal magistero di Petrarca e di Boccaccio nacquero i primi umanisti, animati dalla passione delle humanae litterae e dell’antichità.

La gratitudine e lo stupore che questi uomini mostravano dinanzi alla bellezza dell’arte e delle opere letterarie ci rivelano ancor oggi una dimensione di scoperta che rende interessante e affascinante ciò che si incontra.

Nel 1416, mentre si trovava sul Lago di Costanza,  Poggio Bracciolini decise di recarsi in visita all’abbazia di San Gallo. Nell’immensa biblioteca ritrovò l’Institutio oratoria (La formazione dell’oratore), opera del retore Quintiliano. Fu un incontro sorprendente con un capolavoro e uno scrittore di cui aveva tanto letto. Il 15 dicembre Bracciolini scrisse allora all’amico umanista Guarino Veronese per condividere la scoperta:
Un caso fortunato per lui, e soprattutto per noi, volle che, mentre ero ozioso a Costanza, mi venisse il desiderio di andar a visitare il luogo dove egli era tenuto recluso. V’è infatti, vicino a quella città, il monastero di San Gallo, a circa venti miglia. Perciò mi recai là per distrarmi, ed insieme per vedere i libri di cui si diceva vi fosse un gran numero. Ivi, in mezzo a una gran massa di codici che sarebbe lungo enumerare, ho trovato Quintiliano ancora salvo ed incolume, ancorché tutto pieno di muffa e di polvere. Quei libri infatti non stavano nella biblioteca, come richiedeva la loro dignità, ma quasi in un tristissimo ed oscuro carcere, nel fondo di una torre, in cui non si caccerebbero neppure dei condannati a morte.

Bracciolini ritrovò anche i primi tre libri e metà del quarto delle Argonautiche di Caio Valerio Flacco «ed i commenti a otto orazioni di Cicerone, di Quinto Asconio Pediano, uomo eloquentissimo, opera ricordata dallo stesso Quintiliano». L’abbazia di San Gallo, che si trova nell’omonima città svizzera, ebbe origini antiche. Nacque dall’ardore culturale ed evangelizzatore che contraddistinse i monaci benedettini.

Gigante dell’Occidente, san Benedetto da Norcia fu una delle figure che maggiormente contribuirono alla realizzazione di un’unità culturale in un momento di grave crisi, dopo che, crollato l’impero romano d’Occidente, i popoli barbarici lo avevano invaso e avevano creato i loro regni.

I monaci si muovevano per tutta Europa, evangelizzando, costruendo monasteri, diffondendo il verbo di Cristo. Ovunque arrivavano, coltivavano i campi, trasmettevano la cultura antica, diventavano un polo di aggregazione per la gente che abitava vicino al monastero. Decine di migliaia di monaci animavano la vita dell’Alto Medioevo e della prima parte del Basso Medioevo.

Uno tra questi fu il monaco benedettino irlandese san Gallo, nato nella seconda metà del VI secolo (non abbiamo date certe), discepolo di san Colombano. Seguendo il suo maestro, san Gallo giunse in Inghilterra, poi sul continente. Separatosi dal maestro, si fermò vicino al Lago di Costanza. Nella valle dello Steinach costruì un eremo ove il numero dei suoi discepoli crebbe negli anni. Morì il 16 ottobre 612.

Più di un secolo dopo nel 719 l’abate Otmaro fece erigere l’abbazia di san Gallo ove si trovava la sua tomba, divenuta meta di pellegrinaggio per molti. L’abbazia divenne uno dei centri culturali più importanti in Europa. La sua biblioteca arrivò a possedere centosettantamila libri, inclusi tantissimi manoscritti antichi, e insieme all’archivio e all’abbazia è entrata a far parte del patrimonio mondiale dell’UNESCO dal 1983.

Attorno all’abbazia di San Gallo si sviluppò nel tempo la città che ottenne floridezza economica grazie all’industria tessile e al ricamo.

Nell’abbazia Umberto Eco ambienta il suo best seller Il nome della rosa, un giallo accattivante per storia e colpi di scena, che ha però la colpa di presentare l’immagine di un Medioevo dei «secoli bui»: superstizione, roghi, streghe, ignoranza, Chiesa corrotta ed eresie sono gli ingredienti dominanti per un mondo di intrighi che sembra più rispondere ad esigenze costruttive di un giallo che ad un’ipotesi di ricostruzione storica veritiera.

Oggi la città di San Gallo non è solo l’abbazia, la biblioteca e la cattedrale barocca, ma presenta un interessante nucleo storico degno di una visita. Vicino a San Gallo, sull’isola di Reichenau nelle acque del Lago di Costanza si trova l’abbazia omonima, tra le più importanti a livello culturale nell’Alto Medioevo insieme a quella di San Gallo. Sciolta nel 1757 e venduta allo Stato nel 1803, dal 2001 l’abbazia ospita di nuovo dei monaci.

Nell’abbazia visse Ermanno lo storpio (1013-1054). Alla nascita la famiglia aristocratica avrebbe voluto liberarsi di lui, viste le sue condizioni di salute e fisiche, ma poi decise di affidarlo alle cure del monastero di Reichenau.

Nel riconoscimento della sua dipendenza da un Mistero amorevole Ermanno compì tutta la sua umanità, riconobbe che nel suo corpo rattrappito erano presenti dei talenti che il monaco non tenne per sé, ma mise al servizio degli altri. Ermanno si istruì, divenne autore di preghiere, tra cui la bellissima  Salve Regina, e di trattati. Lui stesso fu punto di riferimento per tutto il monastero e per l’intera cristianità.

Ermanno è esempio limpido di come l’uomo diventi strumento di fecondità, di cultura e di nuova umanità quando riconosce che Dio ama nel nostro limite e nella nostra fragilità.

Nel romanzo Hermann, in maniera delicata e lirica il poeta Davide Rondoni ci fa percepire anche il respiro faticoso di Hermann e la sofferenza fisica e affettiva che l’ha accompagnato fin dalla nascita. È un’opera che commuove, ad esempio quando Hermann parla all’abate della sua preferenza per l’amico monaco Bertold, l’unico che sappia leggere «i suoi silenzi». Nella coscienza che Dio ci ha amati da sempre Hermann vive con pienezza tutta la sua umanità e il grido che alberga nel suo cuore.  Ancor oggi, venerato come beato, è l’emblema stesso della santità.