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IL GIUDICE

Omaggio ad Antonin Scalia, paladino della famiglia

Omaggio al giudice Antonin Scalia, a un mese dalla sua scomparsa improvvisa. Fondatore dell'Originalismo, si opponeva ad ogni interpretazione ideologica e "creativa" della Costituzione, cosa che, nel lungo periodo, ha portato alla distruzione del diritto di famiglia.

40 GIORNI PER LA VITA di A. Lavelli

Famiglia 12_03_2016
Antonin Scalia

Ho conosciuto il giudice Antonin Scalia nel novembre dell’anno 2003, per il tramite della NIAF - National Italian American Foundation. L'incontro avvenne a Washington e il rapporto divenne subito franco e cordiale, oserei dire di immediata e reciproca simpatia. Lo invitai a visitare la Sicilia (all’epoca ero Assessore Regionale al Bilancio) e ad esprimere il suo pensiero in un convegno da tenere a Caltanissetta, terra d’origine di entrambi.

Ero ammiratore di Scalia da sempre, non solo perché era orgoglioso delle sue origini italiane ma anche perché era fondatore della teoria ermeneutica del cosiddetto “Originalismo”, che nel contesto americano si diffuse intorno agli anni Sessanta, dopo che una serie di pronunce della Corte Suprema avevano cominciato a denotare, nei loro percorsi ermeneutici, un attivismo giudiziale espressione di una funzione “creativa” del diritto. L'obiettivo dell'Originalismo poggiava sul presupposto che le interpretazioni cangianti e “umorali” dei giudici, figlie dello spirito del tempo, fossero, come lo sono, illegittime in quanto prive di una qualsiasi base costituzionale. 

Scalia non mi diede subito risposta, probabilmente perché doveva prendere ulteriori informazioni su di me, ma un paio di settimane dopo mi scrisse che accettava e stabilì lui stesso il periodo, maggio 2005. Nacque così il rapporto tra me e il giudice più famoso e più strutturalmente solido degli Stati Uniti d’America dai tempi di John Marshall (1755-1835).

Antonin G. Scalia è morto a 79 anni in Texas la notte tra il 12 e il 13 febbraio, e oggi nel suo trigesimo, desidero ricordarlo così: uomo di parola, fervente cattolico, giurista di fama internazionale, leale e combattivo, americano fino al midollo ma anche orgoglioso della sua origine italiana, emblema della Corte Suprema Federale di Washington, dove nel 1986 era stato nominato dal presidente Ronald Reagan. Marco Respinti uno dei giornalisti più autorevoli in materia di cose americane, così lo descrive: “Scalia ha vinto una delle battaglie americane più importanti di sempre: Quella di mostrare nei fatti che un cattolico può essere un buon patriota, anzi, che un cattolico che sa spiegare meglio il Paese al Paese stesso, è più patriota degli altri [...]. Nemico giurato del politicamente corretto e del liberalismo progressista, antiabortista convinto e difensore della famiglia naturale, nel parere di minoranza alla Corte Suprema ha messo per sempre agli atti della storia che la legalizzazione dei “matrimoni” gay è una «minaccia per la democrazia americana», è roba da nascondere «la testa in un sacco» e si fonda su «aforismi mistici da biscottini della fortuna». Soprattutto per questo tipo di motivazioni fu sempre osteggiato e per certi aspetti anche aspramente combattuto, ma la sua competenza e la sua forza interiore erano tali che riuscì a superare qualsiasi ostacolo.

Mentre mi onoro non solo di averlo conosciuto ma anche di aver avuto con lui un rapporto personale, mi piace ricordare che proprio nel luglio scorso avemmo uno scambio epistolare a seguito di due eventi drammatici svoltisi pressoché contemporaneamente in USA e in Italia. Negli Stati Uniti il 26 giugno 2015, la Corte Suprema di Washington dichiarò che tutti gli Stati degli USA erano obbligati a introdurre il «matrimonio» omosessuale certificato; in Italia negli stessi giorni, e forse non casualmente, il Parlamento fu "strigliato" da sentenze creative di giudici italiani che tendevano a legalizzare i matrimoni gay, le adozioni gay e la maternità surrogata meglio conosciuta come utero in affitto. Le tristi vicende negli Stati Uniti e in Italia, circa il futuro della famiglia riportarono allora, e ancora di più adesso, alla mente un evento che caratterizzò il rapporto fra me e Antonin Scalia. Accadde proprio durante il convegno del 13 Maggio 2005 a Caltanissetta presso la Corte d’Appello avente per tema “L’interpretazione della legge e la separazione dei poteri. Le esperienze italiane e statunitensi a confronto”.

Alla presenza dei giuristi, Giuseppe Meliadò del CSM e Roberto Toniatti dell’Università di Trento, Judge Scalia e, in maniera assolutamente più modesta, anche io, esprimemmo a due voci un presagio comune, condito da tante ragioni e preoccupazioni. Presagio che si rivelò poi tristemente fondato: i giudici americani e italiani erano accumunati dalla comune volontà di portare fino in fondo gli orientamenti contro la famiglia naturale e contro la stessa concezione che sta alla base del Diritto, il tutto cambiando nei fatti le rispettive costituzioni. I giudici USA non erano nuovi a queste decisioni, e, come sempre accade negli USA, avevano fatto scuola. Era già successo nel 1973 con la sentenza “Roe versus Wade”. In quell'occasione i giudici americani avevano di fatto introdotto l’aborto, modificando la nozione costituzionale di “diritto alla vita”. Successivamente nel 2004 si era proceduto all'approvazione per via giurisprudenziale dell’eutanasia. Erano i giorni in cui l’opinione pubblica mondiale era scossa dalla triste vicenda di Terry Schiavo; vicenda che si era conclusa con una sentenza che privava la povera Terry di sostanze nutritive e di acqua, facendola morire da li a qualche giorno. Come ci ricordò Scalia nel 2005 al Convegno di Caltanissetta, quella che fu tradita nella sostanza fu proprio la Costituzione Americana.

La quale Costituzione Americana fu originata dalla Rivoluzione Americana, che li terminò i suoi effetti, realizzando "il suo fine" e contemporaneamente decretando "la sua fine", così come da citazione di Nicola Matteucci. La Costituzione Americana, come ci ha ricordato Thomas E. Woods Jr., nel suo saggio Guida politicamente scorretta alla storia degli Stati Uniti d’America, era cosa ben diversa rispetto alla Costituzione Francese, la quale era una Costituzione che avendo una visione giacobina veniva continuamente riscritta, perché "oltralpe" la Rivoluzione non finisce mai. Ma pur essendo la Costituzione Americana un'altra cosa, era successo che i giudici negli anni, avevano radicalmente cambiato la nozione costituzionale del matrimonio e della famiglia. 

Antonin Scalia si era opposto a tutto ciò ed il fatto di aver perduto – ma nulla è definitivo nella storia umana – confermò l’onore e la grandezza del gesto e i suoi meriti di fronte a Dio, agli uomini e alla storia. Il suo esempio e dalla sua determinazione hanno alimentato in tanti, la forza e la determinazione per una battaglia di epocale importanza. Proprio nel giorno della rivoluzionaria decisione della Corte Suprema Americana sul matrimonio gay, Papa Francesco ricevendo la Conferenza Internazionale Cattolica delle Guide, ha detto che «siamo in un mondo in cui si diffondono le ideologie più contrarie al disegno di Dio sulla famiglia e sul matrimonio». Non solo ideologie contrarie quindi, ma «le ideologie più contrarie». 

Nel coerente vissuto quotidiano, il Giudice Scalia, è stato per tanti di noi maestro di pensiero, ci ha fatto comprendere tutta la drammaticità dell’ora presente, ci ha guidato nella riconquista della nostra antropologia, nella battaglia culturale, giuridica e morale ed è stato un esempio su come e cosa bisogna fare per respingere il relativismo etico e disgregatore.

Nella sua ultima lettera che mi scrisse il 28 settembre 2015, mi comunicava di aver accettato l'invito a visitare di nuovo la Sicilia e l’Italia, anche per un convegno a Montecitorio previsto per il giugno 2016 sotto l’egida della Camera dei Deputati e dell’Associazione “Rosario Livatino”, sul tema del crollo della certezza del diritto e della deriva che attraversava il mondo del diritto occidentale.

Mi sorprese come concluse la sua affettuosa lettera, «forse ci vedremo». Per uno come lui, che era decisionista, ciò rappresentò per me una sorpresa. Con il senno di poi intuisco che forse ebbe un presagio, ma anche se non lo avremo più fra noi, il suo pensiero e la sua visione, in America come in Italia, resteranno per sempre.

*Parlamentare, componente della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati