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ITINERARI DI FEDE

Prassede, la santa che dava rifugio ai primi cristiani

Fu Papa Pasquale I, nell’817, a volere costruire la basilica in onore di santa Prassede, sorella di Pudenziana e figlia del senatore Pudente, vissuto nel I secolo d.C. La chiesa doveva essere degna di accogliere le reliquie dei Santi martiri, la cui presenza generò una profonda devozione nei confronti di questo luogo.

Cultura 07_03_2015
La Colonna della Flagellazione in Santa Prassede a Roma

Monti è il primo rione di Roma. Qui, già da tempi remoti, sorgeva il titulus Praxaedis, ovvero la casa di Prassede, figlia del senatore Pudente, vissuto nel I secolo d. C., convertito al cristianesimo dall’apostolo Paolo e morto per difendere la sua fede con tutta la famiglia. Prassede era solita nascondere nella loro casa i cristiani perseguitati, ne raccoglieva il sangue versato durante il martirio e gli trovava sepoltura nel terreno di sua proprietà. Fu Papa Pasquale I, nell’817, a volere costruire una basilica degna di accogliere le reliquie dei Santi martiri, la cui presenza generò una profonda devozione nei confronti di questo luogo.

A un martire, Zenone, è intitolato l’oratorio cui si accede attraverso la navata destra, interamente rivestito di mosaici dorati, preziosissima testimonianza dell’arte bizantina a Roma. Per il loro splendore, cui si aggiunge la preziosità dell’antico pavimento in marmi policromi, il sacello è anche noto come il “giardino del Paradiso”. Nella volta quattro angeli circondano l’immagine di Cristo Pantocratore, mentre sulle pareti, suddivise in diversi registri, trovano posto immagini di Santi, la Vergine col Bambino, le figure di Adamo ed Eva e l’episodio della Trasfigurazione. In una cappella limitrofa si venera, protetto da un reliquiario in bronzo dorato, un frammento di colonna di granito. Il prezioso simulacro giunse a Roma da Gerusalemme nel 1223, portato dal cardinale Giovanni Colonna perché ritenuto parte della Colonna della Flagellazione.

L’immagine di Pasquale I compare nel catino absidale della chiesa tra i santi Paolo e Prassede, contraddistinto dall’aureola quadrata, propria dei viventi, nell’atto di porgere il modellino della costruzione a Cristo, qui affiancato anche da santa Pudenziana, sorella di Prassede, da san Pietro e da un diacono non meglio identificato. Le loro figure sono contenute in uno spazio delimitato da due palme che simboleggiano il Paradiso. Nella zona inferiore sono rappresentati tredici agnelli, simbolo del Cristo e dei suoi dodici apostoli, tra le città di Gerusalemme e Betlemme. Fu lo stesso pontefice a commissionare la campagna decorativa musiva che interessò anche l’arco absidale e quello trionfale dove sono raccontati episodi tratti da diversi capitoli del libro dell’Apocalisse. 

L’edificio del IX secolo, a tre navate, abside e transetto, fu ristrutturato nel corso del XIII secolo quando venne affidato, dopo altalenanti passaggi di custodia, ai monaci di Vallombrosa che ancora oggi se ne prendono cura.  A quell’epoca risale il rafforzamento della navata centrale, con grande arcate e forti pilastri, e l’inserimento nel transetto della Cappella del Crocefisso.  Il ciclo pittorico delle pareti è opera di diverse mani. Eseguito sul finire del Cinquecento riproduce le Storie della Passione di Cristo.

Il pavimento novecentesco, in stile cosmatesco, presenta al centro un disco di porfido che ricopre il pozzo in cui Prassede raccoglieva il sangue dei martiri. L’aspetto attuale della chiesa è frutto dell’intervento settecentesco del cardinale Ludovico Pico della Mirandola, che trasformò il presbiterio e la cripta, che ancora oggi conserva le reliquie di Prassede e Pudenziana.