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Pro-life nei consultori, la rivolta dei sedicenti pro-choice

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Le opposizioni insorgono di fronte all'emendamento al Pnrr che permette alle Regioni di avvalersi di associazioni che offrano sostegno alla maternità. Per i "paladini" della libertà, la donna è libera solo di abortire.

Vita e bioetica 17_04_2024

Emendamento al dl Pnrr, su cui il Governo ha messo la fiducia, a firma di Lorenzo Malagola di FdI: le Regioni nell’organizzare i servizi dei consultori, possono «avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità». Tradotto: associazioni pro-life, se le Regioni lo permetteranno, potranno avere un loro spazio nei consultori, luoghi in cui l’unica soluzione prospettata a fronte di una gravidanza indesiderata è sempre l’aborto. Il testo è passato in Commissione Bilancio.

Banale a dirsi, non sono mancate le reazioni scomposte dell’opposizione. I rappresentanti del M5S nelle commissioni Affari Sociali di Camera e Senato: «Viviamo in un Paese in cui il diritto all’aborto, all’interruzione di gravidanza è già sotto attacco, in cui è già difficile accedere alla pratica, in cui le donne devono viaggiare fuori provincia o addirittura fuori regione per riuscire ad abortire. E mentre altri Paesi inseriscono la tutela del diritto all’interruzione di gravidanza in Costituzione, l’Italia sceglie di fare un ulteriore passo indietro. Noi continueremo a opporci a questa politica oscurantista del governo Meloni».

Dal Pd arrivano le critiche di Silvia Roggiani e Marco Furfaro (responsabile welfare del partito): «Questo governo continua nella sua battaglia contro le donne e contro i loro diritti e lo fa attaccando in primis la legge 194 e il diritto all’interruzione di gravidanza. È vergognoso. Ci batteremo in Parlamento e fuori, affianco alle associazioni femministe, per impedire alla destra questo ennesimo attacco ai diritti delle donne».

In realtà – e siamo al limite del grottesco – l’emendamento non attacca la 194, ma la applica. Infatti l’emendamento della discordia potrebbe essere inutile, dato che prevede una facoltà già indicata dalla stessa 194 all’art. 2: «I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato». Dunque si dà attuazione alla 194, non la si attacca.

Seconda considerazione: le Regioni possono avvalersi delle associazioni pro-life, non sono obbligate. Le opposizioni si sono così dimostrate avverse all’autonomia decisionale delle Regioni. Terza considerazione sempre sotto il profilo giuridico: l’emendamento fa riferimento a «soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità». Oggi l’espressione “sostegno alla maternità” può essere tranquillamente intesa anche nel senso opposto a quello ordinario: il sostegno alla maternità può configurarsi come orientamento pro-choice, quindi a favore dell’aborto. Anche gli organismi internazionali afferenti all’ONU usano l’espressione “tutela della salute sessuale e riproduttiva” per indicare l’aborto. Dunque nulla vieta, ahinoi, che quell’emendamento possa permettere ad associazioni abortiste di entrare nei consultori. E quindi: perché le opposizioni si lamentano? Potrebbero usare quell’emendamento per portare acqua al proprio mulino.

Ulteriore riflessione che abbiamo già articolato in passato. Se usiamo la grammatica dei pro-choice, uno dei fondamenti dell’aborto è la libertà della donna, la sua autodeterminazione. Ma non esiste libertà senza opzioni. Partiamo da un esempio. Irene, alle 19:25, entra in un negozio di abbigliamento, l’unico del suo paesino, perché ha bisogno urgentemente di un tailleur per una cena di lavoro la sera stessa. Il negozio ha solo un modello della sua taglia. Irene si vede costretta a comprare quel tailleur. Molte donne non scelgono l’aborto, sono costrette ad abortire perché non si presenta a loro una soluzione alternativa. Non solo nella situazione specifica e concreta, ma anche dal punto di vista culturale dato che, nella mente di molti, gravidanza indesiderata equivale spesso ad aborto.

L’anticultura ben rappresentata dai politici critici del presente emendamento in realtà non vuole le donne libere, bensì schiave dell’aborto. Questa anticultura esige che l’aborto sia l’unica soluzione possibile non solo di fronte ad una gravidanza indesiderata, ma anche di fronte ad una gravidanza semplicemente inaspettata. L’unica gravidanza degna di proseguire è quella voluta, pensata, decisa e ripensata da tempo. Ci deve essere premeditazione nella maternità. Le altre scelte è bene che finiscano nei rifiuti speciali, come il corpicino dei figli abortiti.



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