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UNA LEGGE CHE DEPENALIZZA LA CORRUZIONE

Romania, il goffo golpe osteggiato dai millennials

Scontro generazionale senza precedenti in Romania dove l'esecutivo vuole approvare una legge che depenalizzi i reati di corruzione per avvantaggiare alle prossime elezioni l'uomo forte del partito socialdemocratico. Goffo tentativo di detenere il potere che ha già portato in piazza oltre 600mila persone, soprattutto nati molto dopo il regime comunista. 

Esteri 12_02_2017

Nei giorni scorsi la Romania è tornata suo malgrado al centro dell’attenzione europea. Svariate centinaia di migliaia di persone, infatti, hanno protestato pacificamente contro il discusso decreto d’emergenza avanzato e fortemente sostenuto dal Governo di centro-sinistra che depenalizzerebbe il reato di corruzione per i pubblici ufficiali colpevoli di aver accettato somme inferiori ai 200.000 Lei, circa 44.600 Euro. La misura, comunque, non è stata ancora approvata grazie all’intervento dell’Ombudsman nazionale, che ha immediatamente richiesto un parere della Corte Costituzionale, bloccando così l’iter parlamentare e fornendo un po’ di tempo in più alle opposizioni per far sentire la propria voce.

In ogni caso, secondo l’interpretazione più diffusa e avanzata anche dal quotidiano Independent, lo scopo dell’iniziativa sarebbe quello di permettere a Liviu Dragnea, vero uomo forte del Partito Socialdemocratico, di poter ricoprire la carica di Primo Ministro, cosa che al momento gli è vietata a causa di una condanna per voto di scambio risalente all’anno scorso. Il goffo tentativo dell’Esecutivo, comunque, si è scontrato anche con la contrarietà del Presidente della Repubblica e con l’ostilità dell’opinione pubblica, particolarmente seccata dalla condotta degli attuali Ministri, peraltro incapaci di difendere in maniera efficace il provvedimento che essi stessi ritengono particolarmente importante per le sorti del Paese.

Questi, inoltre, non solo hanno dimostrato un chiaro disprezzo per le manifestazioni, ma hanno anche assunto dei comportamenti non esattamente consoni alle proprie funzioni. Florin Iordache (Ministro della Giustizia), ad esempio, durante un’intervista con la stampa ha risposto ai quesiti che gli venivano posti ripetendo per 24 volte “prossima domanda”, evitando così di fornire alcun commento e facendo capire quanto poco consideri i media locali. Carmen Dan (Ministro degli Interni), invece, ha adottato una tattica più aggressiva, elencando tutti i nominativi di coloro i quali, a suo avviso, sono gli istigatori delle manifestazioni, ossia alcuni politici dell’opposizione, numerosi giornalisti, ovvero chiunque si sia espressamente dichiarato contrario alla depenalizzazione della corruzione e occupi un ruolo di rilievo. 

Come sottolinea Henry Rammelt su Euronews, però, la forte reazione popolare, che ha portato a manifestare sino a 600.000 persone, sembra essere dovuta anche ad una diffusa insoddisfazione per l’attuale situazione politico-economica del Paese, nonché alla frattura generazionale esistente tra chi ha vissuto il comunismo in prima persona e chi, invece, è nato già nel periodo democratico. Secondo lo studioso francese, infatti, le nuove generazioni si sentono sia appartenenti ad un mondo diverso rispetto a quello dei propri genitori, sia scarsamente rappresentate dai partiti esistenti, spesso accusati di non essere all’altezza del proprio compito.

È interessante sottolineare, comunque, che al momento attuale l’insoddisfazione è sempre stata espressa in maniera pacata ed estremamente “civile”, soprattutto perché il Paese ha una tradizione recente di proteste di piazza coronate da successi almeno apparenti. Non è dato sapere, però, se l’assenza di cambiamenti strutturali e radicali potrà portare, nel lungo periodo, ad una frattura in seno ai manifestanti, tra i quali potrebbero voler emergere coloro i quali non reputano efficace la moderazione adottata sino ad ora, nonché il basso grado di conflittualità espresso. 

Quanto alle reazioni “istituzionali”, invece, è opportuno sottolineare che il comportamento del Governo è stato fortemente criticato sia dalla locale Chiesa Ortodossa, che può contare su una notevole influenza, sia dalla UE. Bruxelles, a cui si sono aggiunte anche USA e Canada, infatti, ha reputato dannosa l’iniziativa, ricordando che il Paese deve proseguire i suoi sforzi per eliminare la diffusissima corruzione, annosa piaga cui Bucarest non riesce a mettere un freno.

Al momento, però, non è chiaro quale sarà l’esito finale di questo braccio di ferro, soprattutto perché l’Esecutivo può contare su una maggioranza Parlamentare talmente schiacciante da non correre teoricamente alcun rischio che l’iniziativa venga affondata in fase di votazione. Anche le pressioni internazionali sembrano avere poco peso, in quanto, come dimostrano il caso Polacco e Ungherese, gli stati centro-orientali sono sempre più allergici a qualsivoglia intervento estero, a meno che questo non riguardi il tema della difesa (per la quale vengono invece accettati consigli e aiuti stranieri).