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L'INTERVISTA A MANTOVANO

"Salvini indagato, frutto di una magistratura ideologica"

“Salvini indagato? E’ il risultato dell’ideologia di una parte minoritaria della magistratura, ma culturalmente egemone”. Secondo il magistrato Alfredo Mantovano le accuse al Ministro degli Interni da parte della Procura di Agrigento di sequestro di persona e arresto illegittimo, non solo non stanno in piedi. Ma sono il frutto di una deriva ideologica di alcune toghe che pensano di interessarsi di questioni di rilievo politico quando sono in gioco presunti diritti. "Lo stesso hanno fatto con il caso Eluana e con alcune incursioni su Mafia e terrorismo".

Attualità 30_08_2018

“Salvini indagato? E’ il risultato dell’ideologia di una parte della magistratura,minoritaria ma culturalmente egemone”. Secondo il magistrato Alfredo Mantovano l’inchiesta della Procura di Agrigento che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati del ministro degli Interni Matteo Salvini “suscita molti interrogativi”. E in questa intervista alla Nuova BQ spiega perché. Mantovano non è il primo magistrato a esprimere forti perplessità su questa offensiva delle toghe nei confronti di un ministro in carica. Prima di lui anche ex magistrati come Carlo Nordio e Ubaldo Nannucci, ex procuratore capo di Firenze, avevano smontato questa inchiesta. Ma l’opinione di Mantovano è maggiormente autorevole anzitutto perché interviene come magistrato in servizio e non in pensione e in secondo luogo perché il suo passato da Sottosegretario all’Interno lo pone in una posizione privilegiata nell’analizzare gli sviluppi giudiziari del caso Diciotti. 

Mantovano, al momento i capi di imputazione sono tre: sequestro di persona, abuso d’ufficio e arresto illegale…
Bisogna distinguere il profilo giuridico da quello relativo alle regole in materia di immigrazione. 

Cominciamo dal profilo giuridico.
Allora, per quanto riguarda il sequestro di persona questo viene riconosciuto quando c’è una arbitraria privazione della libertà di qualcuno da parte di chi non ha nessun potere. Qui siamo di fronte a persone che, dal momento in cui sono state raccolte dalla Marina, hanno ricevuto cure e assistenza. Una parte di loro avevano situazioni sanitarie problematiche: ecco perché sono state sbarcate subito mentre per gli altri è trascorso qualche tempo per svolgere gli accertamenti e per capire la loro distribuzione nei paesi europei. In definitiva: non vedo che cosa c’entri il sequestro di persona. E poi…

E poi?
Immaginiamo che un soggetto tenga più persone segregate in una abitazione; un pubblico ministero che accerti questo reato ha l’obbligo di impedirne la prosecuzione, facendo intervenire la polizia giudiziaria. Invece il Procuratore di Agrigento è perfino salito sulla Diciotti, ma non ha posto fine al presunto sequestro di persona. Ma il reato c’era o non c’era? dal suo comportamento è lecito dubitarne.    

Quindi c’è l’arresto illegale…
E qui bisogna decidersi. Il reato di arresto illegale lo fa il carabiniere o il poliziotto che, di fronte a una persona che commette il reato per cui non è previsto l’arresto, invece gli mette le manette. Però il carabiniere ha il potere di arrestare, solo che supera i propri limiti. Quindi: tutti e due i reati non valgono insieme. O l’uno o l’altro. 

E infine l’abuso d’ufficio.
Questo reato è come il panettone a Natale,  non si nega a nessuno. E’ un reato che viene spesso contestato a inizio indagini; poi se facciamo uno screening delle sentenze di abuso d’ufficio che arrivano in giudicato alla fine sono poche unità. 

Secondo la Procura di Agrigento, che ha aperto l’inchiesta del procuratore capo Luigi Patronaggio, l’ordine di fermo della Diciotti è partito verbalmente e non ha seguito i canali previsti…
Mah…non credo che un ordine verbale del ministro non abbia valore, sempre ordine è. Mi lascia molto perplesso. Così come un altro aspetto.

Quale?
La competenza territoriale. La Diciotti era a Catania e non ad Agrigento. 

Forse perché era passata da Lampedusa…
Appunto, ma è normale che Lampedusa non abbia posto e ci si debba spostare. Ma questo fa capire anche un’altra cosa. Se anche c’entrasse Agrigento, è in gioco la responsabilità di un ministro quindi ad essere competente è il tribunale dei ministri di Palermo. 

 Crede che stia tornando il tentativo di mettere i bastoni tra le ruote alla politica per via giudiziaria?
Non è la prima volta che accadono cose del genere. Nel 2010 alcuni ufficiali della Gdf che dirigevano operazioni nel Mediterraneo per il respingimento dei migranti irregolari furono iscritti nel registro degli indagati e si aprì un procedimento nei loro confronti. Certo è la prima volta per un ministro. 

Ma tutto questo ora ha ricadute politiche…
Questo è il punto. Quello che è accaduto non è altro che il riflesso di un’ideologia che non è maggioritaria nella magistratura, ma è culturalmente egemone. Ed è l’ideologia per cui la magistratura può e deve interessarsi di questioni di rilievo politico quando sono in gioco presunti diritti. Tutto questo ha la conseguenza di rettificare e modificare l’azione del governo o del parlamento.

E’ un vecchio vizio italiano…
Per capirci, di tutt’altro argomento, ma di logica simile: dieci anni fa Magistratura democratica, nel pieno del caso di Eluana Englaro, fece un comunicato e disse che era molto meglio che le sorti di Eluana fossero decise secondo le regole oggettive di un procedimento giudiziario piuttosto che essere determinate da norme lasciate al Parlamento dove c’è contrasto e conflitto. 

Dov’è il punto?
Che è ovvio che nel Parlamento ci siano contrasto e conflitto, è per questo che ci sono forze politiche di diverso orientamento! 

Più che una politica succube della magistratura sembra una magistratura che si appropria di un ruolo politico. 
La stessa cosa accade quando i magistrati pretendono di dettare ex post le regole con le quali ufficiali dei servizi hanno affrontato la lotta alla Mafia o al terrorismo: il vulnus è l’orientamento ideologico delle toghe che è stato più volte teorizzato e che fa sconfinare le funzioni giudiziarie nei terreni che sono propri del governo e del Parlamento. 

Cambiamo argomento, che cosa pensa dell’intervento della Cei per sbloccare la vicenda Diciotti?
Non c’entra il principio che il migrante sia una persona e ha titolo al rispetto della sua dignità, perché porre in questi termini la questione è dare a tutto il resto del mondo la patente di razzista e xenofobo. E’ ovvio che si tratta di esseri umani e hanno titolo all’integrale rispetto della loro dignità, nessuno l’ha mai messo in dubbio, è irritante sentirselo dire. Il problema è un altro.

Quale?
Se le regole europee sull’immigrazione hanno senso o sono state abrogate. Perché se hanno senso si entra in uno stato europeo solo col permesso di soggiorno. La deroga a questa regola che vale per tutti è appunto lo status di rifugiato e la richiesta di asilo che in Italia conosce un’estensione più elevata con la protezione umanitaria. 

Quindi?
Quindi: o diciamo per essere coerenti col principio che tutti coloro che entrano vanno fatti entrare oppure bisogna stabilire se un migrante è irregolare o no. E questo lo si fa solo con uno screening prima dello sbarco. E sulla Diciotti si stava facendo proprio questo. Lo dimostra il fatto che proprio a seguito di questo screening è venuto fuori che quattro di queste persone, si badi: anch’essi con dignità di persone, erano gli scafisti. Perché allora queste accuse di disumanità per chi ha provato a fare accertamenti preliminari senza poi impedire lo sbarco degli ammalati? 

Eppure la Chiesa sembra voler accogliere tutti.
Anche Papa Francesco ha spesso ribadito il principio delle regole e delle necessità, che sta alla base delle legislazioni europee e nazionali. Al netto di coloro a cui viene riconosciuto lo status di protezione, gli altri, che sono la maggioranza, a che titolo dovrebbero rimanere?