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LO SCONTRO CON SALVINI

Saviano, la barbarie di un messia di carta

Non importa se ti chiami Roberto Saviano, ma se dai del malavitoso ad un ministro, si chiami o no Salvini, senza che questi sia condannato nè indagato per Mafia, questa si chiama barbarie. Portata avanti con la sicumera dell'impunità che si conviene a chi ha una rubrica fissa su Repubblica. Nel frattempo però lo scrittore vaticina come un oracolo su tutto. Anche su utero in affitto e tratta dei clandestini, guarda caso anch'essi reati, che però lui non vede. 

Editoriali 24_06_2018

Non importa se ti chiami Roberto Saviano, se giri con la scorta, se distribuisci patenti di legalità a destra e manca. Non importa se sei un messia di carta, ma se accusi un qualunque essere umano, che si chiami Salvini o Pellegatti, di essere un malavitoso con l’aggravante di essere ministro, senza che questi sia non dico condannato in Cassazione, ma neanche rinviato a giudizio, né indagato e nemmeno sospettato, ecco: non importa, ma sei un barbaro.

Un barbaro che avvelena i pozzi con un fare da oracolo godendo dell’impunità che si conviene e si concede a chi ha una rubrica fissa su Repubblica. Roberto Saviano ha una questione personale con il ministro degli Interni, il quale non sarà certo un santo trappista, ma almeno non risulta che abbia nella fedina penale una condanna passata in giudicato per Mafia, Camorra o simili. Fatti loro, verrebbe da dire. Ma per nessun motivo si può accusarlo di essere un ministro della malavita. Almeno che i toni dello scontro politico non abbiano travalicato a tal punto la decenza da entrare appunto in quella che si chiama barbarie.

I fatti sono disdicevoli per entrambi: lui, il padre di Gomorra che da settimane accusa Salvini di essere cattivo e pericoloso per la faccenda dei migranti e l’altro che ribatte tweet su tweet. Poi gli rimoprovera i 50 milioni che la Lega ha rubato con il prode Belsito e il ministro allarga le braccia: "Roba vecchia, non c'entravo io". Scaramucce politico-mediatiche. Finché non gli scappa la tastiera e se ne esce con una castroneria: “Rivalutiamo la tua scorta”, ed essendo Saviano sotto protezione da quando con Gomorra denunciò gli affari dei Casalesi nel Casertano, da anni non può muoversi senza che un agente della polizia o un carabiniere non lo accompagnino.

Apriti cielo. Rivalutare la scorta si può e uno Stato ha il dovere di farlo per verificare a che punto sono il rischio, la sicurezza e la protezione. E il servizio scorte del Ministero degli Interni lo fa periodicamente perché una scorta sono soldi pubblici. In pratica bisogna capire se il soggetto protetto è ancora a rischio agguato o no. Vale anche per Saviano che ormai non si occupa più solo di malavita ma anche di tanti altri temi da tuttologo. Dunque, concedere la scorta o no è una prerogativa degli uffici del Ministero che deve essere rispettata. Ovviamente annunciarlo via Tweet è un errore grossolano perché sa di minaccia e ritorsione. Sbagliato, dunque, lo stile utilizzato da Salvini, ma legittimo il fatto di interrogarsi sulla necessità oggi, a più di dieci anni dai fatti di Gomorra, di una scorta per Saviano.

Detto questo però è ancora più sconcertante la reazione dello scrittore che lo ha accusato di essere un ministro malavitoso perché durante la campagna elettorale al suo comizio hanno partecipato in prima fila alcune persone riconducibili al clan Pesce. Ovviamente la presenza a un comizio elettorale non dovrebbe essere automaticamente una patente che il politico è malavitoso, anche perché Saviano dovrebbe ben sapere che la ‘Ndrangheta, Camorra e Mafia vanno ad ascoltare tutti e in tutti i partiti cercano di infiltrarsi. Di questo passo non c’è politico che non abbia avuto solo una stretta di mano, anche inavvertita con un malavitoso.

Alcuni anni fa l’ex ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio finì nella bufera perché, da candidato sindaco di Reggio Emilia, insieme ad altri candidati, andò a Cutro, città calabrese dalla quale proviene una nutritissima comunità di emigrati in Emilia. Quando scoppiò l’inchiesta Aemilia venne fuori la foto di Delrio alla festa del Santo Patrono e in tanti lo accusarono di essere andato a cercare voti in terra di mafia. Accuse politiche, si dirà, vere o false, la magistratura non lo ha mai stabilito e la cosa finì lì anche se ogni tanto si trascina. Avrà stretto mani ‘ndranghetiste Delrio in quel frangente? Probabilmente sì, come fecero anche altri candidati. Ma che ne sapeva? Ma nessuno, e soprattutto nessun #RobertoSaviano pensò di accusare Delrio di essere un ministro malavitoso. Per ovvi e comprensibili motivi.

Ora non si capisce sulla base di cosa invece Salvini sì, e non ci sia nessuno che faccia notare al Masaniello dalla penna blu che lo stile utilizato sia proprio quello di chi punta a delegittimare, umiliandolo, quello stato di diritto che proprio lui dice di difendere con le sue battaglie e la sua purezza radical chic. 

E' questa sicumera che fa sì che lo scontro politico debba alzarsi a tal punto di accusare di mafia una persona che oggi – e gli auguriamo anche in futuro – non lo è. Forse lo spiega l’onnipotenza di certi professionisti dell’Antimafia, categoria alla quale Saviano, piaccia o no, appartiene per curriculum. Una categoria che gli consente di distribuire certificati di mafiosità che neanche il casellario giudiziale. La barbarie è questa: il fatto che si possa infangare così beatamente una persona senza che su di lui non alberghi il benché minimo sospetto. Si chiami o no Salvini. 

Di questo passo, gli oracoli di Saviano diventeranno sempre più onnipotenti: l’ha detto Saviano, non il giudice, ma Saviano. Sostiene Saviano. Doppia barbarie, che lo scrittore porta avanti con sapienza e sapendo di godere di un appoggio mediatico politico significativo. Nel frattempo però, lo scrittore si occupa anche di altro, perché la capacità vaticinatoria in termini di malavita lo mette, diciamo così, al di sopra di tutto e di tutti.

Ecco allora che lo scrittore campano pontifica con grande abilità di nuovi diritti con lo stesso stile con il quale tratta di mafia. Difende l’utero in affitto, che in Italia è ancora reato, promuove l'eutanasia attiva e passiva, che in Italia è ancora reato, fa campagne per la cannabis libera, che in Italia è ancora reato e sostiene la causa dell’immigrazionismo che si serve di clan mafio-criminali che trattano i clandestini da schiavi, anch’esso dunque un reato contro l’umanità. Saviano però questi crimini non li vede, vuole sdoganarli facendoli diventare diritti. Vede solo i reati - inesistenti però - dei suoi avversari politici. E se non è barbarie questa, allora che cos’è?