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L'INCONTRO

Scola dà lezioni di giornalismo: dialogo e realismo

Nella comunicazione trionfi il linguaggio del dialogo, dell’accoglienza e, nell’anno del Giubileo, anche della misericordia. L'invito viene da monsignor Angelo Scola, cardinale di Milano, in occasione della festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. A dialogare con lui, Gianni Riotta, editorialista de La Stampa.

Ecclesia 31_01_2016
Monsignor Angelo Scola, cardinale di Milano

Comunicare vuol dire condividere, creare un perimetro di dialogo all’interno del quale non c’è posto per pregiudizi, discriminazioni, chiusure. Nella comunicazione deve trionfare il linguaggio dell’amore, dell’accoglienza e, nell’anno del Giubileo, anche della misericordia. É sulla centralità della comunicazione che si è imperniato l’intervento fatto ieri dall’arcivescovo di Milano, Cardinale Angelo Scola, in occasione della festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. A dialogare con lui, Gianni Riotta, editorialista de La Stampa.

La casualità ha voluto che proprio tre giorni fa sia stato approvato a Roma, dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, il nuovo Testo Unico della deontologia, che raccoglie tutti i principi fondamentali del diritto di cronaca, mutuati dalle innumerevoli carte deontologiche che i giornalisti si sono dati negli ultimi 25 anni. E i giornalisti sono i primi a doversi sentire interpellati dall’obbligo del rispetto della verità sostanziale dei fatti, unica garanzia di correttezza dell’informazione. Scola ha ribadito che la comunicazione diventa decisiva in una società plurale come la nostra, contrassegnata, peraltro, dalla globalizzazione simbolizzata dalla Rete, agorà virtuale infinita.  «Le società contemporanee», ha detto il cardinale, «devono fare ricorso in maniera sistematica alla comunicazione, molto di più delle società precedenti, perché hanno assunto una fisionomia plurale. Convivono visioni diverse del mondo, che si incontrano e talvolta si scontrano. Questo rende le nostre  società potenzialmente conflittuali, ma d’altra parte dobbiamo trovare il modo di vivere insieme».

Papa Francesco incarna questo grande cambiamento dei paradigmi e degli stili comunicativi. Anche nel suo recentissimo Messaggio per la cinquantesima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, in calendario l’8 maggio prossimo, il Pontefice ha sottolineato il ruolo della comunicazione «di creare ponti, di favorire l’incontro e l’inclusione, arricchendo così la società». E il cardinale Scola ha riecheggiato queste parole: «Papa Francesco ha questo dono straordinario di giocarsi in prima persona. L’autorevolezza di ciò che dice emerge con forza, perché prima di dirlo lo vive. Lo fa secondo una modalità legata alla sua sensibilità latino-americana, che è un po’ diversa dalla nostra di europei, ancora figli del grande intellettualismo moderno, per cui il ragionamento mette un’intercapedine tra ciò che siamo e ciò che diciamo. Il Papa è uno che intende stare abbarbicato alla realtà, perché la vuole conoscere in termini adeguati. E quando si conosce la realtà si comunica la verità, perché la verità è la corrispondenza tra realtà e conoscenza».

La quantità sterminata di notizie, spesso non vagliate, che viaggiano in rete, alimenta un flusso informativo che mette in gioco la responsabilità di chi le produce e diffonde, ma anche il sano discernimento di chi le riceve. I media devono contribuire a costruire un senso comune fondato sulla realtà dei fatti; se distorcono e ingannano, allontanano il cittadino dalla verità e finiscono per creare abissi e voragini, anziché alimentare il circuito della condivisione, essenza della comunicazione. Incontro, inclusione, ascolto, accoglienza sono stati i concetti ricorrenti nell’intervento dell’arcivescovo di Milano, che ha declinato sul piano sociale e culturale il termine comunicazione: «Dobbiamo vincere il nostro vizio intellettualistico e accettare il dato reale: abbiamo tra di noi un milione e 200 mila musulmani dichiarati, tanti fratelli cristiani ortodossi, molti latinoamericani che sono cattolici, ma secondo un certo tipo di sensibilità. I nostri oratori sono pieni di bambini musulmani che giocano, si fanno aiutare nello studio. Che fare? L’unica strada è partire dalla nostra fede e dalla comune appartenenza alla famiglia umana. La fede cristiana correttamente intesa non è un’obiezione ma un fattore che favorisce l’incontro di religioni».

La sfida della comunicazione è duplice: sui contenuti e sullo stile. Trasmettere contenuti di verità con il linguaggio della misericordia. Il cardinale Scola ha voluto sensibilizzare i giornalisti proprio al rispetto di quei principi, al fine di evitare, sia nei media tradizionali sia in quelli on line, la deriva anarchica e la pubblicazione indiscriminata di notizie false, manipolate, non vagliate, che finiscono per disinformare l’opinione pubblica. Riflettere almeno una volta all’anno su questi concetti, approfittando delle celebrazioni del santo patrono, può essere anche per i giornalisti un’occasione preziosa.