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EDITORIALE

Se anche l'Istat è al servizio personale di Renzi

Le coppie gay conviventi sono poche migliaia e i bambini interessati alla stepchild adoption sono pochi? Ecco che l'Istat ci dice che le sue statistiche non sono attendibili. Una uscita ai limiti dell'incredibile, è l'allineamento di un istituto glorioso ai desiderata del premier.

Editoriali 05_02_2016
Giorgio Alleva

«Pronto Giorgio? Sono Matteo Renzi, ti chiamo per un problemino che tu puoi sicuramente risolvere». All’altro capo risponde Giorgio Alleva, presidente dell’Istat. «Dimmi Matteo, per quel che posso fare sono a tua disposizione». «Vedi Giorgio, tu lo sai che in questi giorni siamo impegnati in una dura battaglia sul disegno di legge Cirinnà. Ora, succede che quelli che si oppongono stanno usando i dati dell’Istat a loro favore. Perché dall’ultimo censimento risulterebbe che in Italia ci sono appena 7.500 coppie omosessuali conviventi e che i bambini che potrebbero essere interessati alla stepchild adoption sono poco più di 500». «In effetti è quello che è stato dichiarato nell’ultimo censimento… Il problema qual è?». «È ovvio. L’obiezione che fanno è: tutto ‘sto casino per sistemare la situazione di poche coppie, che poi magari non c’hanno neanche voglia di farsi riconoscere pubblicamente. Invece questa legge deve andare avanti. Capisci?». «Capisco, ma io che posso fare, i dati sono pubblici». «Dì quello che ti pare, che non sono dati reali, che non si possono usare le statistiche in questo modo, insomma fai in modo di screditare questo uso dell’Istat». «Ma Matteo, non posso mica smentire il censimento, miniamo la credibilità dell’Istat…». «Me ne frego, ricordati che tu sei stato una delle prime nomine che ho fatto, e come ti ho creato ti posso distruggere. Capisci la questione?». «Sì, capisco. In effetti, già nella pubblicazione dei dati avevamo scritto che il dato delle coppie omosessuali era sottostimato…». «Ecco, vedi che hai già trovato la soluzione? Adesso datti subito da fare per farlo sapere». «Matteo, sì però, siamo realisti: dati alla mano se non sono 7.500 sono diecimila a dire tanto, non è che il problema cambi..». «Ma tu non devi dire quanti sono, dì che quei dati non sono spendibili perché non sono reali. Basta questo. Ricordati che sei lì da due anni e tra due anni potresti essere riconfermato per un quadriennio… Mi spiego?». «Benissimo, provvedo». «Allora ciao e buon lavoro». «Ciao, grazie».

Ovviamente questo appena descritto è un colloquio immaginario tra il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il presidente dell’Istat Giorgio Alleva, eppure è difficile immaginare quale altra ragione – a parte un “suggerimento” dall’alto – abbia ispirato il direttore comunicazione dell’Istat a una mossa suicida: scrivere al quotidiano Avvenire per affermare che «non è corretto dedurre il numero reale dei figli di coppie omosessuali in Italia utilizzando le fonti Istat» citate in un articolo. Stiamo parlando del censimento del 2011 e dell’indagine del 2012 sulla “Popolazione omosessuale nella società italiana”.

In pratica l’Istat, la fonte ufficiale di tutte le statistiche riguardanti l’Italia, annuncia che i suoi dati pubblicati sulla popolazione omosessuale non vanno presi sul serio, non sono attendibili. Affermazione autolesionista: se non sono validi quelli, perché dovremmo ritenere validi tutti gli altri dati che l’Istat sforna? Perché dovremmo prendere sul serio i dati riguardanti l’occupazione o il costo della vita? Quelli sulla povertà o quelli sulle retribuzioni?

Per stare al gioco della lobby Lgbt, l’Istat sta mettendo a repentaglio la professionalità dei suoi ricercatori e la serietà di un istituto di cui finora non si era mai dubitato.

Dice il portavoce dell’Istat che «dai risultati emersi riteniamo che molte persone abbiano preferito non dichiararsi nonostante le raccomandazioni dell’Istat sulla piena tutela della privacy». Tradotto vuol dire questo: ci aspettavamo un certo risultato, siccome i dati non corrispondono ai nostri desideri allora non sono veri. La percezione contro la realtà. Ma se questa era la convinzione perché pubblicare quei dati allora? E che dato statistico è «molte persone»? Centinaia, migliaia o decine di migliaia?

Il presidente dell’Istat potrebbe rispondere che questa avvertenza era già presente nella pubblicazione dei dati avvenuta il 6 giugno 2014: a pagina 8 si afferma infatti che 7.513 coppie omosessuali è un «dato sottostimato perché raccoglie solo quelle persone che hanno scelto di dichiarare la loro relazione affettiva e la loro convivenza». Si potrebbe rispondere che in effetti c’è già un vizio all’origine perché non si dà ragione di questa affermazione né si offre una stima più realistica. Del resto non si capisce perché chi è già pubblicamente convivente dovrebbe nasconderlo proprio in un questionario anonimo. Ammesso pure che questo accada, incrociando i vari dati Istat si può comunque supporre che la cifra esatta non sia così lontana dalle 7.513 coppie che si sono dichiarate. 

Ma la dichiarazione dell’Istat ad Avvenire è ancora più grave per quel che riguarda la seconda ricerca citata. Scrive infatti il direttore della comunicazione Istat: «Anche in questo caso i dati raccolti non possono essere considerati come indicativi della effettiva consistenza della popolazione omosessuale nel nostro Paese».

Ebbene, se andiamo a leggere la Nota metodologica che accompagna la ricerca sulla popolazione omosessuale in Italia, si afferma chiaramente: «La particolare novità e delicatezza degli argomenti trattati ha richiesto un lungo e approfondito lavoro di progettazione, al fine di individuare gli strumenti e le metodologie più idonei. (…) Sul tema dell’omosessualità/transessualità sono stati coinvolti rappresentanti di associazioni omosessuali, di transessuali e di genitori di omosessuali. Nel corso degli incontri sono emerse indicazioni preziose non solo per la messa a punto del questionario di indagine, ma anche per la scelta della tecnica di somministrazione, contribuendo in tal modo alla costruzione di un impianto metodologico in grado di garantire l’attendibilità e l’affidabilità dei dati raccolti, oltre che di un quadro quanto più possibile esauriente di questo fenomeno nel nostro Paese».

Ci diceva dunque l’Istat nel 2012 che erano state prese tutte le precauzioni del caso, per questo erano state coinvolte anche le associazioni Lgbt, e quindi alla fine i dati raccolti sono attendibili e affidabili, risultando in un quadro sostanzialmente esauriente della realtà.

Allora è chiaro che o l’Istat mentiva allora o mente adesso. È abbastanza facile indovinare, ma questo ci dice che da questo momento in poi non possiamo più fidarci dei dati Istat, perché l’Istituto di Statistica come è permeabile alla lobby Lgbt può esserlo a chiunque altro. E soprattutto è ormai alle dipendenze dirette e al servizio personale di Matteo Renzi.