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IL CASO

Sora, la Chiesa patriottica purga il prete sanguigno

Un sanguigno parroco ricorda l'invasione immigrazionista e viene randellato dai giornali e "purgato" dal vescovo. A Sora tutti hanno sconfinato, usando l'omelia per fini politici. Ma le minacce del vescovo su chi non si allinea ricordano uno stile da Chiesa patriottica cinese. Invece per i tanti preti invasionisti mai un rimprovero...

Editoriali 19_08_2019

A questo punto spretatelo e toglietegli il sostentamento clero a questo prete volgare e insensibile che ha osato andare contro il buonismo immigrazionista imperante. «Ma quali persecuzioni? Hanno catenine d’oro al collo e lo smartphone all’orecchio…», ha tuonato nel corso della predica del patrono San Rocco della sua Sora. Mal gliene incolse, al poveretto. Perché subito è intervenuta la gendarmeria mediatica a randellarlo e come non bastasse ha ricevuto anche la rampogna del proprio vescovo, cosa sempre sgradevole per un parroco. 

Eh già, abbiamo avuto preti che dal pulpito hanno inneggiato all’invasione, che scomunicano gli elettori della Lega, abbiamo ancora gli Zanotelli che dipingono Salvini come il diavolo e i don Ciotti che poco ci manca che al Truce gli mettono le mani addosso. E abbiamo anche pretini di provincia che vengono mandati a imbarcarsi come cappellani delle Ong e non si accorgono del traffico umano che si cela in queste false, falsissime, emigrazioni. 

Ma in tutti questi casi abbiamo mai sentito vescovi tuonare? Abbiamo forse mai ascoltato pastori zelanti ricordare ai loro preti che non si usa la Parola di Dio per fare politica? Invece per dieci preti che usano il pulpito come palatenda della Festa dell’Unità, chi andiamo a colpire? L’unico che parla contro corrente e non si unisce al coro dell’ecclesialmente corretto, ovviamente. 

Se c’è una cosa che si sarebbe dovuta rimproverare a don Donato Piacentini, parroco ciociaro di Sora finito nell’occhio del ciclone e costretto a cospargersi il capo di cenere è che la foga utilizzata in predica per spiegare il concetto di “ama il prossimo tuo” purtroppo ha travalicato lo stile ecclesiale ed è diventato un proclama da talk show; tanto che, quando alle prediche scatta l’applauso e il buu, vuol dire che da qualche parte si è sconfinato e le parole non parlano più al cuore e all’anima, ma alla pancia che si comporta di conseguenza. Questo si sarebbe dovuto rimproverare ad un sacerdote forse troppo sanguigno, ma comunque vero. Prova ne è il fatto che se si ascolta il video, pochi secondi prima del suo “fatemi essere polemico” si scopre che il sacerdote stava parlando del nostro prossimo malato e solo che troviamo di fronte a casa e del quale non ci accorgiamo, dei drammi famigliari nascosti nelle pieghe della quotidianità che non vengono presi in considerazione dalle Ong del soccorso umanitario a cui la Chiesa si accoda con estatica ammirazione. 

Sanguigno, dicevamo. Ha sconfinato nella politica per eccesso di zelo, don Donato, ma ancora peggio ha fatto il suo vescovo che invece ha usato l’omelia e il suo ruolo in modo ancor più politico e strumentale. Gerardo Antonazzo, vescovo di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo deve aver intuito che il rischio di finire nel tritacarne avrebbe potuto investire anche lui, pertanto si è subito distanziato con una solerzia davvero impagabile. E ha scaricato il suo prete con una bella nota stampa per dire che l’omelia da ascoltare non era quella di don Piacentini che parlava a titolo personale, ma la sua. Antonazzo «ha sottolineato come uno dei cardini fondamentali della vita di San Rocco è stata la scelta evangelica del “prima gli altri” per amore di Cristo povero e sofferente, presente negli appestati, contagiati, ammalati e moribondi che San Rocco ha abbracciato, servito, amato più di se stesso”. Morale? «La nostra Chiesa, soprattutto attraverso la Caritas, sempre impegnata nell’accoglienza e nel servizio amorevole delle antiche e nuove forme di povertà. Tale accoglienza è stata rivolta in particolare agli immigrati giunti sul nostro territorio, in perfetta collaborazione con la prefettura di Frosinone, con le istituzioni civili locali, con le associazioni di volontariato impegnate nel processo di integrazione”. 

Ineccepibile. Se non è politica questa, allora quand’è?

Peccato che il povero don Piacentini avesse soltanto messo il dito nella piaga di un fenomeno che nessun vescovo occidentale sembra voler vedere, a differenza di quelli africani più volte inascoltati dagli stessi confratelli nell’episcopato: questa non è immigrazione, ma traffico di uomini. Ma ormai il dado è tratto e queste sono le direttive, sembra dire la diocesi ciociara fino a minacciare il poveretto: "Questa è la scelta pastorale che non potrà cambiare. Qualunque pensiero in senso contrario espresso da chiunque non esprime la volontà della Chiesa diocesana, e si deve addebitare esclusivamente a discutibili scelte personali di ogni singolo soggetto”. 

Una Chiesa che per la foga di non essere randellata dal mondo da supina si fa essa stessa Comintern delle istanze globaliste, commissario politico del pensiero unico, che chiama i suoi preti “soggetti”, funzionario in mitria e pastorale uso a dir signorsì al potere invasionista, gendarme del pensiero e custode non del Vangelo, ma delle sue interpretazioni socio politiche rivestite di pastorale. Una Chiesa che è diventata patriottica, esattamente come quella cinese: appiattita sullo Stato e su ciò che decide per il bene di tutti.