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IL GOVERNO FINGE?

Terroristi sul gommone? Sai che novità...

Solo chi ha vissuto negli ultimi tre anni su un altro pianeta può oggi mostrare stupore per le dichiarazioni del Governo circa il rischio terrorismo imbarcato sui gommoni. Ma nessuno sembra pronto a fermare con respingimenti sulle coste libiche ed espulsioni un fenomeno migratorio che è una grave minaccia alla sicurezza dell’Italia e dell’Europa.

Politica 17_08_2016
Il ministro degli Interni Alfano

Il reportage del Corriere della Sera con l’intervista al capo dei servizi segreti di Tripoli ha riacceso la polemica politica circa il riscatto pagato da Roma per la liberazione dei 4 i tecnici della Bonatti sequestrati in Libia, due dei quali, Fausto Piano e Salvatore Failla rimasti uccisi.

"E' addirittura stato pagato un riscatto di 13 milioni di euro. Noi lo abbiamo scoperto con le nostre fonti sul posto. Ed è allora che siamo andati su tutte le furie. Quei soldi sono finiti in parte in tasca alle bande criminali legate agli scafisti locali ma in parte anche ai Jihadisti dell'Isis, che ben sappiamo sono presenti in forze a Sabratha", ha detto il capo dell'intelligence al Corriere facendo anche altre valutazioni sui rischi per l'Italia: "Abbiamo le prove che sta diventando un campo d'azione militare".

Dopo la dura reazione delle opposizioni in Italia il capo dei servizi segreti libici, Moustafa Nouah, ha smentito all’Ansa le dichiarazioni al Corriere della Sera di sabato riguardo alla vicenda della liberazione degli operai italiani della Bonatti rapiti in Libia. Parlando in prima persona, Nouah definisce “prive di fondamento” le dichiarazioni secondo cui avrebbe accusato il governo italiano di aver pagato un riscatto di 13 milioni di euro per la liberazione dei 4 cittadini italiani.

“La liberazione delle suddette persone è avvenuta nel quadro di un'operazione dei servizi segreti e colgo anzi questa occasione per esprimere l'apprezzamento per la collaborazione continua tra i servizi segreti italiani e i servizi segreti libici a Tripoli”.

Una smentita dal sapore “politico” che nulla toglie a quanto riportato dal Corriere anche se forse il problema non è tanto nel riscatto pagato (i governi di tutti i colori hanno spesso pagato riscatti e poi negato “giustamente” di sverlo fatto per non determinare il dilagare dei sequestri di connazionali) ma nei rapitori dei quattro italiani. La Farnesina aveva infatti sempre sostenuto di trattasse di bande di criminali negando fossero in mano allo Stato Islamico che pure a Sabratha, vicino al luogo del sequestro, avevano una base importante.

Del resto i legami tra criminali e terroristi sono apparsi molto stretti dopo il raid aereo statunitense sul campo di addestramento dell’IS a Sabratha che il 19 febbraio uccise 40 miliziani ma anche due ostaggi serbi in mano a una banda dedita al traffico di esseri umani ma che utilizzava la stessa base dei jihadisti.

Sorprende quindi che nel materiale ritrovato nel comando dell’Isis a Sirte circa i terroristi in Italia sia emerso il riferimento ad Abu Nasim, jihadista che viveva in Lombardia considerato vicino ai rapitori dei 4 tecnici italiani. Il governo Renzi quindi sapeva che i quattro ostaggi erano nelle mani dello Stato Islamico ma lo ha sempre negato? Sull'argomento e in generale su quanto è emerso negli ultimi giorni dalla Libia il governo è rimasto in silenzio.

Del resto in tema di sicurezza nazionale la politica italiana continua a stupire per la capacità di mostrarsi sorpresa o addirittura sconvolta per ciò che già conosce molto bene. Lo confermano anche le reazioni alla notizia, emersa dai documenti dell’IS rinvenuti a Sirte, circa le connessioni tra terroristi jihadisti e immigrazione clandestina.

Che i miliziani sconfitti possano fuggire in Italia coi gommoni salpando da Sirte non è credibile poiché quel tratto di costa è sorvegliato dalle milizie libiche e dalla Marina degli Stati Uniti. Che uomini dell’IS posano mischiarsi ai clandestini per raggiungere l’Italia e l’Europa è più che certo considerati i numerosi arresti effettuati in diversi Paesi europei e il ruolo di alcuni rifugiati in attentati jihadisti in Europa.

Occorre però tenere presente che questo può avvenire solo con la complicità di milizie e tribù che sulla carta sostengono il governo d Tripoli di Fayez al-Sarraj. I gommoni infatti salpano dalle coste della Tripolitania, tra Tripoli e il confine tunisino: coste gestite da forze che hanno dichiarato il loro sostegno al governo di salvezza nazionale, cioè i nostri “alleati” libici.

Stupiscono poi le reazioni di governo e Copasir (il comitato parlamentare per i servizi segreti) che esprimono preoccupazione e promettono misure di sicurezza rafforzate. Ma di quale sicurezza parlano se in Italia continuiamo ad accogliere chiunque paghi criminali collusi coi terroristi e di molti clandestini perdiamo in breve tempo le tracce a volte ancor prima che abbiano accettato di farsi identificare? Persino i malati di tubercolosi e altre malattie infettive fuggono dagli ospedali in cui vengono ricoverati, figuriamoci i terroristi. Come è stato più volte denunciato sui gommoni vengono imbarcate ragazze nigeriane destinate ad alimentare il giro della prostituzione in Italia e che subito dopo essere sbarcate fanno perdere le loro tracce. Persino moltissimi minori fuggono o vengono sottratti agli istituti che li hanno in custodia. Non riusciamo a tenere d’occhio donne, bambini e malati, figuriamoci se possiamo impedire lo sbarco di terroristi.

E poi non è certo una novità che tra i flussi di immigrati illegali si infiltrino i jihadisti. Anche senza voler citare i numerosi rapporti dei servizi d’intelligence degli ultimi anni basti ricordare che già nel 2012 magistrati libici riscontrarono l’infiltrazione di al-Qaeda nella gestione dei flussi di clandestini dal Sahel alle coste libiche (lo raccontò il reporter Gian Micalessin sul Giornale).

In termini ufficiali lo disse per prima il ministro degli Esteri del governo Letta, Emma Bonino nel novembre 2013. Un anno dopo le infiltrazioni dell’Isis tra i clandestini in Italia furono oggetto di un’inchiesta della Procura di Palermo di cui riferì ampiamente la stampa e nel gennaio 2015 vennero ammesse apertamente al vertice di Londra contro lo Stato Islamico dal ministro degli Esteri del governo Renzi, Paolo Gentiloni. “Ci sono rischi di infiltrazione anche notevoli di terroristi dall’immigrazione” disse il ministro.

Un mese dopo rilanciò l’entità della minaccia l’ammiraglio James Stavridis, già comandante supremo della Nato in Europa, in un’intervista al Sunday Times. Infine nei mesi scorsi sia Europol che Frontex hanno lanciato l’allarme: “l’Isis sfrutta i flussi migratori per infiltrarsi in Europa ed effettuare attentati”. 

Insomma solo chi ha vissuto negli ultimi tre anni su un altro pianeta può oggi mostrare stupore per le notizie che giungono dalla Libia. Ciò nonostante nessuno a Roma sembra pronto a fermare con respingimenti sulle coste libiche ed espulsioni un fenomeno migratorio che, oltre ad essere illegale e ad arricchire e favorire criminali e terroristi su entrambe le sponde del Mediterraneo, non avrà mai fine e rappresenta una grave minaccia alla sicurezza e alla stabilità sociale dell’Italia e dell’Europa.