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GENDER

Trump torna all'ovvio: ripristina maschio e femmina

L'amministrazione Trump sta cercando il modo di cancellare la gran confusione legislativa che si era creata sotto Obama, in tema di genere. I democratici avevano dato peso alla teoria gender, per cui il genere non coincide con il sesso biologico della persona, con il conseguente caos nell'istruzione, nella sanità, nei bagni pubblici...

Educazione 24_10_2018
Stars&Stripes vs. Rainbow Flag

Nel mondo alla rovescia in cui viviamo le persone normali vengono considerate alieni, e quando proferiscono affermazioni normali, gli alieni si stracciano le vesti.

Un caso di specie è quello del presidente Donald J. Trump, notoriamente il bersaglio preferito di ogni e qualsiasi critica benpensate, ma in questo momento ancora più nell’occhio del ciclone per avere detto semplicemente l’ovvio. E cioè che una persona è sia di genere maschile e femminile a seconda che abbia l’apparato genitale maschile oppure femminile.

Certo, è come dire che l’acqua sia bagnata, ma da tempo il nostro mondo sostiene, contro ogni buonsenso ma nondimeno con pervicacia violenta, che l’acqua sia asciutta. Impera, infatti, quell’ideologia “di genere” che costituisce un salto di qualità enorme rispetto al semplice tentativo di legittimare l’omosessualità. L’ideologia gender mira infatti a una trasformazione completa della persona umana nella misura in cui, dopo avere staccato ideologicamente il genere maschile e femminile dalla sessualità fisica maschile e femminile, cerca di accreditare l’idea che in realtà non esistano affatto sessi definiti dalla natura umana, nemmeno invertiti, ma che sia solo l’essere umano singolo a stabilire quale gender essere, e non solo: pure cambiando, tornando indietro, ritornando avanti, sperimentando, inventando. Il traguardo è la non-definizione, persino il non-essere, visto che l’obiettivo è la fluidità, l’idea cioè il gender non sia appunto un orientamento dato, magari persino “sbagliato” nel caso “legittimo” del maschio che “si sente” femmina e della femmina che “si sente” maschio”, bensì solo la rappresentazione di se stesso che la volontà assoluta di ognuno dà, laddove ovviamente la dualità maschio/femmina è semplicemente una gabbia da cui evadere (anche l’omosessuale che inverte il maschio con la femmina, o viceversa, da quella gabbia non esce).

Il mondo è dunque trans, transgender sempre anche se non sempre transessuale nel senso chirurgico del termine. O meglio. Non è, ma sarebbe, visto che il transgenderismo, oltre a una postura etica e intellettuale, è un’impostura bella e buona, sconfitta dalla natura stessa delle cose. L’uomo che si “ricrea” donna, o viceversa, e a maggior ragione chiunque opti per una delle decine e decine di nuove forme di gender che la fantasia malata del nostro mondo sforna a ritmo quotidiano, potrà pur sognare di essere intersex, androgino, agender, crossdresser, intergender,  sistergirl, brotherboy o qualunque esercizio linguistico si voglia accreditare, ma se si guarda allo specchio resta sempre maschio oppure femmina, le due cose restando irriducibili proprio perché essenzialmente complementari. Quelli che infatti ricorrono alla chirurgia, manipolano sì parti del proprio corpo, ma non ricreeranno mai veri organi maschili e veri organi femminili come quelli di cui ci dota la natura alla nascita, e il resto è solo una storia di ormoni a badilate.

Ebbene, come ha riferito The New York Times, Trump e il suo entourage stanno studiando il modo per cancellare il più in fretta possibile le aberrazioni concesse, quanto agli Stati Uniti d’America, dall’era di Barack Obama in cui il dispotismo di genere e l’utopia dell’uomo post-sessuato quasi fosse un X-Man allo stadio finale della propria evoluzione avevano trionfato. Tra l’altro, la cosa più grave e non detta è che queste assurdità del “buonismo” obamiamo, invece di lenire il disagio più che evidente di chi, guardandosi allo specchio, odia la propria natura cercando di riplasmarsela con definizioni pirotecniche degne solo della lalìa più stucchevole, quel disagio lo aggravano, magari rendendolo pure irrimediabile.

Avendo, dice con precisione chirurgica The New York Times, «[…] allentato il concetto giuridico di gender nei programmi federali, tra cui scuola e sanità», l’Amministrazione Obama ha infatti compiuto uno sfacelo. Ora Trump ci sta mettendo una pezza e lo strumento giuridico dovrebbe essere un intervento che definisca giuridicamente che il sesso coincide con il gender (appunto che l’acqua è bagnata) nel Titolo X della legislazione sui diritti civili, cioè gli emendamenti in tema di educazione varati nel 1972.

Storico, e l’occasione si presenta propizia per un aggiornamento doveroso. Da due anni Trump si batte come un leone per la tutela dei princìpi non negoziabili, ma il suo tallone d’Achille è sempre parsa essere proprio la questione omosessuale. Ora però non più. Se riuscirà a legare di nuovo, giuridicamente, il gender al sesso, Trump compirà una contro-rivoluzione fondamentale, e mentre lui fa così, l’uomo che pareva essere la causa di quella sua debolezza sul tema, il ricchissimo imprenditore Peter Thiel, si sta dimostrando essere fatto di gran pasta. Omosessuale dichiarato, Thiel si sta impegnando seriamente in cause conservatrici non certo prone all’ideologia omosessualista e in più occasioni ha voluto egli stesso definire «totalitarismo» la dittatura del gender. Il vento soffia sempre dove vuole.