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USA-ISRAELE-SUNNITI

Una nuova alleanza nel Medio Oriente è nata contro l'Iran

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Israele non era solo quando è stato attaccato da massicce salve di droni e missili iraniani. Al suo fianco c'erano americani, europei e paesi arabi sunniti. Una coalizione inedita. La Turchia, invece...

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Esteri 16_04_2024
Murales sull'alleanza Usa-Israele a Tel Aviv (La Presse)

Nella notte fra il 13 e il 14 aprile, durante il massiccio attacco missilistico iraniano contro Israele, silenziosamente è nata una nuova alleanza: quella fra Usa, Israele e i paesi arabi sunniti. Nonostante la guerra a Gaza abbia provocato la sollevazione delle piazze arabe e l’indignazione dei governi di tutto il Medio Oriente, al momento buono le fondamenta delle nuove relazioni, gettate dagli Accordi di Abramo nel 2020, si sono rivelate quanto mai solide.

Il sistema di difesa anti-missile di Israele ha dimostrato di essere in grado di difendere il Paese da raffiche di droni e missili in arrivo. Ma potrebbe essere sopraffatto da uno sciame di droni sufficientemente grande o da una massiccia raffica di missili. La cooperazione da parte degli alleati è stata fondamentale per il successo delle difese israeliane. Gli aerei americani hanno abbattuto più di 70 droni e due cacciatorpediniere lanciamissili statunitensi nel Mediterraneo orientale hanno intercettato ben sei missili. Una batteria Patriot degli Usa vicino a Erbil, in Iraq, ha abbattuto un missile balistico iraniano diretto verso Israele, secondo quanto hanno dichiarato fonti del Pentagono al Wall Street Journal.

Le forze israeliane, appoggiate soprattutto da quelle statunitensi, hanno intercettato la maggior parte dei droni e dei missili iraniani. Ma hanno potuto farlo perché i Paesi arabi hanno silenziosamente trasmesso informazioni sui piani di attacco di Teheran, hanno aperto il loro spazio aereo agli aerei da guerra, hanno condiviso le informazioni di tracciamento radar o, in alcuni casi, hanno fornito le loro forze per aiutare, secondo quanto ricostruito dalle fonti del Wall Street Journal.

Come è stata possibili una cooperazione così stretta, proprio nel periodo in cui, a causa della guerra a Gaza, i rapporti arabo-israeliani parrebbero ridotti ai minimi termini? Tutto è iniziato con gli Accordi di Abramo, durante l’ultimo anno dell’amministrazione Trump. Gli sforzi per costruire un sistema integrato di difesa aerea per la regione risalgono a decenni fa, dai tempi della prima Guerra del Golfo (1991). Dopo anni di false partenze e progressi lenti, l’iniziativa ha guadagnato slancio dopo gli accordi di Abramo del 2020 che hanno stabilito legami formali tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein. Il comune nemico iraniano, il pericolo che costituisce per i paesi del Golfo (che per altro non hanno mai fatto la guerra con Israele), ha costituito la motivazione principale di questi accordi. Gli Emirati hanno anche acquistato tecnologia anti-missile israeliana, per proteggersi dall’Iran.

Nel 2022, il Pentagono ha posto tutte le operazioni di sostegno a Israele sotto Centcom, il comando dell’area mediorientale, mentre fino a quell’anno era di competenza di Eucom, il comando dell’area europea. Si è trattato di una scelta non solo formale o burocratica, ma di una svolta strategica che ha permesso una maggiore cooperazione militare fra Usa, Israele e i governi arabi. Nel marzo 2022, il generale Frank McKenzie, all’epoca alla testa di Centcom, convocò una riunione a Sharm El Sheikh (Egitto) di alti ufficiali militari di Israele e dei Paesi arabi per esaminare come potersi coordinare contro un’eventuale offensiva missilistica iraniana. Il suo successore, il generale Michael Kurilla, recatosi in Israele alla vigilia dell’attacco iraniano, ha completato e reso operativo questo coordinamento di sistemi difensivi. Nei primi dieci giorni di questo mese, dopo ulteriori colloqui con gli Stati Uniti, gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita hanno accettato di condividere l’intelligence, mentre la Giordania ha promesso l’uso del suo spazio aereo per le operazioni anti-missile israeliane e alleate.

All’atto pratico, nella notte in cui l’attacco (tanto previsto e studiato) è diventato realtà, l’alleanza fra paesi così diversi ha funzionato, come una piccola Nato del Medio Oriente. I missili e i droni iraniani sono stati individuati e seguiti fin dal momento del lancio da radar di allerta nei Paesi del Golfo Persico collegati a Centcom, che ha trasmesso le informazioni ai caccia nello spazio aereo giordano, nonché alle navi da guerra nel Mediterraneo e alle batterie di difesa missilistica in Israele. Quando i droni iraniani sono entrati nel raggio d'azione, sono stati abbattuti, soprattutto da caccia israeliani e statunitensi e, in numero minore, da aerei da guerra britannici, francesi e giordani.

Quel che invece è mancato è stato proprio l’apporto della Nato. L’unico membro della regione, la Turchia, si è comportato da paese equidistante e mediatore. E durante l’attacco del 13-14 aprile non ha partecipato all’intercettazione dei droni e dei missili iraniani. Tre giorni prima aveva negato il suo spazio aereo per eventuali operazioni contro l’Iran da parte di Usa e Israele. Secondo una fonte turca dell’agenzia Reuters, Ankara sarebbe stata avvertita in anticipo del lancio iraniano di droni e missili. Il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan avrebbe parlato con i suoi omologhi statunitensi e iraniani la scorsa settimana per discutere della prevista operazione iraniana. «L’Iran ci ha informato in anticipo di ciò che sarebbe accaduto. I possibili sviluppi sono emersi anche durante l’incontro con Blinken, e loro (gli Usa) hanno comunicato all’Iran, attraverso di noi, che questa reazione deve essere entro certi limiti», ha detto la fonte della Reuters. «In risposta, l’Iran ha detto che la reazione sarebbe stata una risposta all’attacco di Israele alla sua ambasciata a Damasco e che non sarebbe andata oltre».