Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi

FAMIGLIA

Una petizione contro l'ideologia gender nelle scuole

L'educazione alla dottrina gender (secondo cui il genere non è di nascita, ma si sceglie) inizia nelle scuole, viene spacciata come se fosse un programma anti-discriminazione e le famiglia non ne sono consapevoli. ProVita Onlus, Age, Agesc e i Giuristi per la Vita lanciano una petizione contro l'introduzione delle dottrine gender.

Famiglia 22_01_2015
Petizione

Tutelare la famiglia tradizionale, quella fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, significa tutelare il bene comune, gli interessi generali della collettività. E’ la famiglia tradizionale, infatti, quella dove nascono e crescono i bambini, quella dove alla persona viene riconosciuta una dignità inviolabile dal concepimento alla morte naturale, la vera promotrice e custode della vita: essa costituisce il nucleo fondativo e vitale di ogni società. Pertanto, ogni attacco alla famiglia e al matrimonio va considerato un attacco al bene comune e in quanto tale contrastato. 

È questa determinazione che spinge oggi l’Associazione ProVita Onlus, insieme all’Age, l’Agesc e i Giuristi per la Vita a lanciare una Petizione contro le iniziative che promuovono la diffusione dell’ideologia “gender” nelle scuole italiane. Un fenomeno silenzioso e per lo più sconosciuto alla maggioranza, che mira a destabilizzare le fondamenta della famiglia veicolando un messaggio distruttivo: non esiste un legame naturale tra sessualità biologica e identità sessuale, non c’è differenza biologica fra uomo e donna. Piuttosto tale differenza è frutto di un mero costrutto culturale: gli uomini sono tali perché educati da uomini, idem per le donne. In altre parole, secondo la teoria del gender l'umanità non è divisa tra maschi e femmine ma è fatta di individui fra loro uguali da ogni punto di vista, i quali scelgono chi vogliono essere. 

Da tempo ormai messaggi di questo tipo vengono diffusi senza controllo nelle scuole di ogni ordine e grado – fin dagli asili nido - attraverso corsi e progetti formativi, attività extracurriculari, opuscoli e volantini. Iniziative molteplici che non si configurano come proposte episodiche e spontanee, ma che fanno riferimento piuttosto alla cosiddetta “strategia nazionale” dell’Unar, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, che ha sposato le battaglie di molte associazioni Lgbt (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transessuali). 

“I progetti educativi in questo ambito vengono spesso presentati richiamando l’esigenza di lottare contro la discriminazione – spiegano le associazioni promotrici della Petizione – l’intento in sé potrebbe essere lodevole se ciò significasse educare gli studenti a rispettare ogni persona e a non rendere nessuno, a causa delle proprie condizioni personali (disabilità, obesità, razza, religione, tendenze affettive) oggetto di bullismo, violenze, insulti e discriminazioni ingiuste”. In realtà – continuano – il concetto generico di non discriminazione viene usato per promuovere la “negazione della naturale differenza sessuale e la sua riduzione ad un fenomeno culturale che si presume obsoleto; la libertà di identificarsi in qualsiasi genere indipendentemente dal proprio sesso biologico, l’equiparazione di ogni forma di unione e di famiglia”. 

“La teoria del gender non vuole difendere dalla discriminazione ma imporre una visione che è parziale, non scientifica, e non si capisce su quali basi dovrebbe essere accolta - afferma Ernesto Mainardi, dell’Agesc, nel corso della conferenza stampa sul tema, organizzata oggi presso la Sala Nassiria di Palazzo Madama - Sappiamo che le famiglie quando se ne accorgono si ribellano e ci chiedono come combattere queste iniziative”. Piuttosto – aggiunge – “secondo noi l’ideologia gender discrimina quei bambini che vorrebbero crescere in modo armonico dentro una famiglia normale, senza vedersi proporre figure diverse che non incontrano nella realtà. Il problema vero della discriminazione è quello che investe gli immigrati, i disabili, ma sembra che di questo non si voglia parlare. Il governo ha proposto delle linee guida sul bullismo – che grazie a Dio sono ancora ferme – che parlano solo del bullismo omofobico. Tutte le altre forme di bullismo, verso le donne, gli immigrati, i disabili, non esistono più. Noi crediamo che in questo modo non si faccia il bene dei ragazzi”. 

In vero, nei Paesi in cui ha trovato radicamento, l’ideologia del gender ha prodotto conseguenze dannose per i ragazzi. Al riguardo, Toni Brandi, Presidente di ProVita Onlus, evidenzia il rischio di una “sessualizzazione precoce” dei ragazzi: “è l’invito ad abbassare l’età dei primi rapporti. E il risultato – lo dicono molte ricerche disponibili – è un aumento della pedofilia, dell’abuso e della violenza sessuale, dell’assuefazione alla pornografia e di gravidanze e aborti a partire dall’età dei dieci anni”. Circa gli interessi che sostengono la diffusione della teoria del gender, Brandi fa quindi riferimento a società multinazionali che trarrebbero vantaggio dalla sessualizzazione precoce dei giovani: “Si tratta ovviamente di un grande favore alle industrie del porno e dei condom che guadagnano miliardi su questi fenomeni – spiega il Presidente di ProVita Onlus - Negli Stati Uniti ci sono organizzazioni che utilizzano centinaia di milioni di dollari dei contribuenti per realizzare aborti su bambine in cliniche private. O basti pensare che gli interventi di fecondazione in vitro si realizzano spesso per il tramite di imprese private. Industrie che, tra l’altro, beneficiano del favore della cosiddetta grande stampa”. 

In Italia gli episodi che hanno suscitato polemiche sono numerosi. Il Senatore Carlo Giovanardi, esponente di Area Popolare (Ncd-Udc), intervenuto alla conferenza stampa, ricorda il caso dell’avvocato Simone Pillon, portavoce del Forum delle Associazioni Familiari in Umbria, indagato per diffamazione dopo aver denunciato, nel corso di una convegno, la diffusione di materiale omopornografico in un liceo di Perugia. Il caso è particolarmente grave, osserva l’On. Giovanardi, secondo cui “non solo non c’è un intervento dell’autorità per impedire che al minorenne venga consegnato materiale crudamente pornografico, per certi aspetti corruttivo vista l’età a cui si rivolge e l’invito a svolgere quelle pratiche nei locali di Perugia, ma si applica in maniera preventiva la legge Scalfarotto (sull’omofobia). Alla fine viene denunciato chi denuncia queste cose, e se non facciamo questa battaglia di libertà in futuro tutti staremo attenti a parlare perché rischieremo l’incriminazione, noi Parlamentari e anche i giornali”. Lo stesso Senatore Giovanardi ha presentato nei giorni scorsi un’interpellanza diretta ai ministri della Pubblica Istruzione, Giannini, e della Giustizia, Orlando, per conoscere quali iniziative intendano intraprendere “per contrastare questo assedio alle scuole italiane da parte di alcune associazioni gay e garantire a chi dissente la libertà di pensiero, critica e ‘sferzante ironia’, cardine delle nostre libertà costituzionali”. 

Tra i presenti anche il Senatore forzista Lucio Malan che denuncia la “totale censura sulla questione in generale”. “In commissione giustizia – racconta – stiamo discutendo se introdurre o no il matrimonio fra persone dello stesso sesso. Che si sia d’accordo o no mi sembra un cambiamento epocale. Ebbene, i mezzi d’informazione non ne parlano, e se lo fanno è solo a favore di matrimoni gay, etc. Non se ne parla perché la maggior parte degli italiani è contraria, allora bisogna non farglielo sapere e introdurlo con una legge di cui non parla nessuno o magari attraverso la sentenza di un qualche magistrato che si sente al di sopra della legge”. Tra l’altro – continua Malan – “io non sono cattolico ma di fede valdese, e contesto l’orientamento di quella chiesa valdese che tra la teoria gender e la Bibbia preferisce la teoria gender. In generale, questa battaglia ha ragioni laiche prima che religiose: non c’è bisogno di essere credenti per essere contrari alle aberrazioni che si vogliono introdurre. Tuttavia su questi temi alcuni politici prima che rispondere alla loro coscienza rispondono al loro partito”.

Sulla questione normativa, Gianfranco Amato, Presidente dei Giuristi per la Vita, ricorda che la campagna Unar-Lgbt viola anzitutto la Costituzione Italiana, quindi la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’Unicef, laddove si afferma che i genitori hanno il dovere e il diritto di priorità nella scelta dell’educazione dei figli. Di fronte a queste violazioni – informa - “i genitori possono agire in maniera preventiva e scrivere alle scuole affinché venga richiesto il loro consenso prima che i figli partecipino a corsi di formazione”. 

Fra gli aspetti su cui intervenire c’è proprio quello della formazione dei genitori che spesso non sono a conoscenza delle iniziative extracurriculari proposte ai figli, né conoscono a sufficienza la teoria del gender. Lo sottolinea Emanuela Micucci, dell’Age, secondo cui “in virtù del principio della corresponsabilità educativa è necessario formare le famiglie, affinché  i genitori – come prevede la legge - siano alleati dei ragazzi nel loro percorso formativo”. A tal fine – aggiunge – sarebbe importante “rispolverare - dai cassetti della Camera dove giace da circa un anno - la proposta di legge a firma dell’On. Eugenia Roccella, deputato di AP, circa il consenso informato dei genitori”. 

A fronte di ciò, la Petizione presentata oggi lancia delle proposte educative chiare. Ne parla l’On. Carlo Casini, Presidente del Movimento per la Vita: “con la nostra Petizione chiediamo al Presidente della Repubblica che verrà, al Presidente del Consiglio e al Ministro dell’Istruzione di disapplicare la strategia nazionale dell’Unar e impedire la diffusione di ogni progetto educativo che ad essa si ispiri”. In particolare la Petizione chiede che vengano emanate “precise direttive affinché tutti i progetti, i corsi, le strategie educative” rispettino “il ruolo della famiglia nell’educazione all’affettività e alla sessualità, riconoscendo il suo diritto prioritario”; che siano approfondite le ragioni per cui “la nostra Costituzione privilegia la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”; “che si educhi a riconoscere il valore e la bellezza della differenza sessuale e della complementarietà biologica”; “che si educhi al rispetto del corpo altrui e dei tempi della propria maturazione sessuale e affettiva”; “che si porti a riconoscere che l’attività sessuale non si riduce alla dimensione del piacere ma comporta conseguenze gravi e doveri importanti”. 

Ad oggi, oltre 50mila cittadini hanno già scelto di sottoscrivere queste richieste e aderire alla Petizione sul sito www.citizengo.org o su quelli delle associazioni proponenti: “un vero Family Day 3.0” dicono i promotori dell’iniziativa.