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mutismo episcopale

Veneto-Friuli: i vescovi tacciono sul suicidio assistito

I presuli del Nord-Est non hanno niente da dire riguardo alla deriva eutanasica delle loro regioni. Ma così facendo rompono la continuità tra fede e vita.

Dottrina sociale 14_08_2023

Il Veneto di Luca Zaia e il Friuli Venezia Giulia di Massimiliano Fedriga spalancano la porta al suicidio assistito e i vescovi delle due regioni tacciono. La cosa migliore che ci si può eventualmente attendere è che qualche diocesi organizzi un dibattito pubblico con la presenza di Marco Cappato. Più in là non è lecito sperare.

Sulle attuali laceranti questioni di bioetica e biopolitica la Chiesa non ha niente da dire, i vescovi non hanno niente da insegnare, le (inutili) commissioni diocesane non prendono posizione, i movimenti e le associazioni cattoliche, diseducate a simili interventi dal silenzio frenante dei vescovi, stanno zitti. La Chiesa del Nord-Est non c’è. Nei giorni scorsi qualcuno ha provato a chiamare le curie di Udine e Trieste per segnalare l’allarme dopo l’ultimo grave caso successo al Cattinara, ma non ha trovato accoglienza: “fino alla tal data il vescovo non risponde”. Qualche laico molto preoccupato ha cercato di darsi da fare, ma la Chiesa ufficiale su questo fronte non c’è più da tempo.  

Come si sa, ormai i vescovi non si pronunciano (quando lo fanno … ) se non “insieme”, ossia collegialmente. Se uno si pronunciasse da solo verrebbe accusato di rompere la comunione tra le Chiese locali (così si esprime di solito l’ecclesialese), sicché diventa preferibile tacere e assegnare non alla verità ma al consenso la produzione della comunione. La conferenza episcopale regionale ha così il sopravvento sul vescovo, che rimane muto: o parla la Conferenza o non parla nessuno. Ma la Conferenza non parla mai. In questi giorni i vescovi del Triveneto non hanno partecipato a nessuna riunione collegiale e in comunione tra loro a Cavallino (Venezia), dove solitamente si riuniscono. Il Patriarca non li ha chiamati a consesso data l’urgenza dopo i due gravissimi episodi di suicidio assistito avvenuti nelle terre a loro affidate. Ne sarebbe uscita una dichiarazione debole e accomodante, come capita sempre quando si dà la priorità al consenso basato su ragioni di opportunità politica piuttosto che alla verità, ma almeno si sarebbe coperta l’infamia del silenzio. Cavallino è un luogo di mare e alla riunione collegiale sul suicidio assistito si sarebbe potuta abbinare anche un breve vacanza (tutto aiuta … ).

La Chiesa ha sempre difeso il diritto naturale. Ha sempre considerato se stessa come l’ultimo baluardo dal nichilismo distruttivo dell’ordine del creato. Se viene meno la sua guardia non c’è nessun altro che possa trattenere il processo dissolutivo perché per difendere l’ordine naturale bisogna guardare a quello soprannaturale. Quando la Chiesa rinuncia a difendere l’ordine naturale è perché ha perso di vista quello soprannaturale e non è più in grado di vederne gli effetti diretti oltre che indiretti su quello naturale.

Una Chiesa che non si pronuncia e che lascia decisioni così importanti alla coscienza individuale è già protestante. Essa continuamente dice di voler formare le coscienze, ma non lo fa perché non illumina più le questioni morali naturali con il suo giudizio e non educa più il suo popolo a giudicare. Per questo i cattolici oggi condividono in gran parte il giudizio del mondo su tutti i principali nodi morali della vita personale e comunitaria, dalla contraccezione al suicidio assistito, come ha dimostrato l’inchiesta pubblicata da Il Timone nel suo ultimo numero.

Rinunciando a dare insegnamenti in questo campo, i Vescovi rompono la continuità tra la fede e la vita, nonostante lamentino in continuazione questa cesura e non cessino di auspicare una “nuova generazione di politici cattolici”. Da dove dovrebbe nascere questa nuova generazione se per primi i vescovi non la educano? Con la cesura tra fede e vita e con il principio “ognuno per sé” nella vita pubblica il fedele cattolico si trova abbandonato a se stesso, condannato all’incoerenza, vittima del tempo. Anche quando non lo sa, come capita per la gran parte del nostro popolo, che di questi problemi non viene nemmeno messo a conoscenza.

Davanti a questioni così gravi per la vita pubblica ed espressione non di casi marginali il semplice fedele vorrebbe sentir tuonare la voce dei suoi pastori, come il bene davanti al male, la difesa dei deboli davanti alla sopraffazione, l’allarme per l’arrivo dei lupi a difesa del gregge.