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SOCIALISMO DEL XXI SECOLO

Venezuela ancora al buio, scene di un collasso

La settimana è iniziata in Venezuela con un nuovo blackout generale di almeno 7 ore. L'interruzione dell'energia elettrica si è registrata alle 16:45 del lunedì 22 luglio in 22 dei 24 Stati del Paese. È l'ultima dimostrazione (in ordine di tempo) del fallimento del sistema socialista bolivariano: una potenza energetica che non distribuisce energia.

Esteri 24_07_2019
Blackout a Caracas, i fari delle auto uniche luci

La settimana è iniziata in Venezuela con un nuovo blackout generale di almeno 7 ore. L'interruzione dell'energia elettrica si è registrata alle 16:45 del lunedì 22 luglio in 22 dei 24 Stati del Paese. E ancora oggi il problema persiste: secondo i commenti dei venezuelani sui social network, il servizio energetico è intermittente in 19 Stati e in alcune aree la luce non è ancora tornata.

Il Venezuela è sommerso di nuovo nel caos. Il blocco del servizio della Metro di Caracas ha costretto tante persone a camminare chilometri per riuscire a tornare a casa. Le attività lavorative e scolastiche sono state sospese fino a nuovo avviso. E la mancanza di elettricità ha causato disservizio idrico, la caduta della telefonia cellulare, l’interruzione delle transazioni commerciali e la disconnessione da internet in quasi tutta la nazione sudamericana che, secondo le stime, ha raggiunto il 94%.

Sarebbe il quinto blackout del 2019. Il più grave è accaduto il 7 marzo, con l’interruzione del servizio elettrico per quasi una settimana. In quel momento i venezuelani hanno vissuto momenti critici, specialmente negli ospedali, dove il guasto elettrico ha causato almeno 21 morti. In seguito, si è ripetuto il 25 marzo (3 giorni), il 29 marzo (3 giorni), il 9 aprile (24 ore) e il 22 luglio (circa 8 ore).

Il regime ha tardato più di due ore per confermare il blackout. Quando finalmente hanno parlato, hanno accusato di sabotaggio gli Stati Uniti e l'opposizione. Il ministro dell'Informazione, Jorge Rodriguez, ha detto che le prime prove raccolte indicano la pista di “un attacco elettromagnetico” alla principale centrale idroelettrica del Paese. Mentre il capo del Parlamento e Presidente “ad interim”, Juan Guaidó, ha accusato il regime di “cercare di nascondere la tragedia del razionamento dell'energia” e la corruzione che ha fatto collassare il sistema elettrico nazionale.

La verità? I tagli sono diventati una sorta di routine in Venezuela. Con l'eccezione di Caracas, ci sono interi Stati che convivono quotidianamente con la mancanza di elettricità, come ad esempio Zulia, regione petrolifera del Venezuela, in cui la popolazione rimane almeno 17 giorni al mese senza luce. Quindi, il nuovo blackout è l’ennesima dimostrazione del caos che vivono i venezuelani in mezzo della grave crisi economica e politica che colpisce il Paese.

È conseguenza del collasso del regime socialista-comunista. “Il blackout nazionale è la conferma dell'inefficienza dell'attuale sistema governativo. A Mérida e all'interno del paese il razionamento è continuo. Qui le persone hanno cambiato perfino le loro abitudini e i loro programmi di vita per sopravvivere alla mancanza di tutti i servizi”, ha denunciato su Twitter il cardinale Baltazar Porras, arcivescovo di Mérida e amministratore apostolico di Caracas.

Invece, Chávez aveva promesso di trasformare il Venezuela in una potenza energetica. Lo aveva dichiarato in un discorso pubblico il 22 settembre 2006 e paradossalmente, quando il chavismo è arrivato al potere, nel 1999, il sistema elettrico venezuelano funzionava in modo efficiente. Il 94% del territorio nazionale era elettrificato e il 97% della popolazione era interconnessa. Quindi, sono bastati venti anni di regime per distruggere il sistema elettrico venezuelano.

Una serie di decisioni sbagliate ha deteriorato l’intero servizio. Perché “il governo ha sospeso la metodica politica di manutenzione degli impianti, ha rimosso le persone competenti per garantire l’ingresso di parenti o politici che non avevano preparazione e ha congelato la tariffa elettrica”, ha spiegato l’ex direttore del Sistema Elettrico Nazionale (Sen), l’ingegnere Miguel Lara Guarenas.

Nel 2010 Chavez ha dichiarato l’emergenza elettrica, che non è mai finita. Precedentemente aveva centralizzato l’intero settore, attraverso un decreto-legge che ha garantito la nazionalizzazione dell'industria elettrica e l’unificazione di tutte le società (9 in totale) che avevano il compito della produzione, distribuzione e commercializzazione del servizio, sotto la figura di Corpoelec (Corporación Eléctrica Nacional S.A.).

Sono stati numerosi gli episodi di corruzione. L’ex viceministro di Energia Elettrica Victor Poleo ha affermato alla rivista online Climax che soltanto la società statale Cadafe “ha gestito 643 milioni di dollari in 223 progetti di trasmissione, ma i progetti effettivamente eseguiti corrispondono a soli 155 milioni di dollari, vale a dire il 24%”. E un rapporto del Parlamento venezuelano ha denunciato che, nonostante lo Stato abbia speso nell’ultimo decennio “oltre 39 miliardi di dollari nell'acquisto di 14.000 Mega Watt (MW) in impianti di generazione di energia termica, denaro equivalente a quattro volte le riserve internazionali del Venezuela nel 2016, di cui oggi funzionano solo circa 4.000 MW”.

E gli impianti termici non sono operativi per mancanza di carburante. Lo ha affermato l’ingegnere venezuelano Winston Cabas alla rivista Climax, e ha aggiunto che “Pdvsa (l’azienda petrolifera venezuelana) ha smesso di produrre il carburante necessario, per cui hanno dovuto ricorrere ai gasdotti”. Ma, secondo l’esperto, il regime non ha nemmeno la capacità di trasportare il gas necessario per far funzionare le 21 centrali termoelettriche del Paese.

Infine, la capacità di alimentazione fornita dagli impianti è insufficiente. I razionamenti periodici sono inevitabili, così come è permanente il rischio di nuovi blackout. Il collasso del sistema sembra inarrestabile e l’opposizione si prepara per una nuova giornata di protesta il prossimo venerdì 26 luglio.