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LA MORTE DELL'ONCOLOGO

Veronesi, alfiere dello scientismo non negoziabile

La morte a 91 anni dell'oncologo: si è intestato tutte le battaglie contro i principi non negoziabili spinto da anticlericalismo e umanesimo positivista: aborto, eutanasia, nozze gay e autodeterminazione. Chiese di dimenticare Dio e di mettere al centro l'uomo. Ma è morto esattamente come tutti gli altri.

Vita e bioetica 09_11_2016
Umberto Veronesi, morto ieri a 91 anni

E’ morto Umberto Veronesi, all’età di 91 anni nella sua casa di Milano. E’ toccato anche a lui morire. L’affermazione è priva di accenti cinici o polemici. Infatti  - ammettiamolo – nell’immaginario collettivo l’oncologo  milanese non poteva morire mai. Immortale come la fiducia che infondeva in tutti noi nei progressi della scienza, quella scienza che ci avrebbe sottratto un giorno, non troppo lontano, dal raggio d’azione della Signora con la falce in mano.  A breve “cureremo tutti i tumori con la diagnosi precoce” ebbe una volta a dire. La vita eterna non promessa dall’Onnipotente, ma dalla medicina. 

Veronesi non solo è stato un grande oncologo, nonché direttore scientifico dell’Istituto europeo di oncologia e dell’Istituto nazionale dei tumori e Ministro della Salute sotto il governo Amato, Veronesi è stato anche l’alfiere dello scientismo, cioè di quella religione che crede con adamantina certezza che la scienza e la tecnica sono le uniche due dee a cui consacrarsi per vivere felici e che non esiste altra realtà che quella che cade sotto i nostri sensi. Nel Veronesi pensiero non c’era posto per la religione, per Dio, per la Chiesa, ma solo per l’uomo inteso unicamente come un magnifico pezzo di carne. Da qui la sue fede laicista assolutamente granitica. In una intervista una volta ammise che “da quando Dio uscì dal mio orizzonte la mia vita si è indirizzata ad obiettivi etici diversi. Io dico sempre ai miei figli: ‘Abbandoniamo la famosa triade Dio, patria e famiglia, e sostituiamola con valori etici nuovi che sono libertà, solidarietà e tolleranza’. […] Dimentichiamoci della patria, dimentichiamoci di Dio, ma pensiamo all’uomo”.

Questo umanesimo positivista è stato il motore di molte sue battaglie ideologiche a danno dei principi non negoziabili, le quali sono state ammantate di un’aura di scientificità e quindi di veridicità per il semplice motivo che furono condotte da un uomo di scienza. Ma dal punto di vista scientifico il Nostro nulla produsse ad esempio nel settore disciplinare della morale naturale e della bioetica, ambiti in cui invece Veronesi amava spendersi pubblicamente.

Ricordiamo, tra i molti esempi, la campagna da lui lanciata per istituire in tutta Italia i registri dei testamenti biologici. Uno di questi fu istituito presso la sua fondazione omonima e lui stesso redasse un proprio testamento biologico: «Io – raccontò una volta in una intervista - il testamento biologico l'ho fatto e l'ho affidato a una persona di mia fiducia. La mia paura non è la morte, ma la perdita delle facoltà mentali, della mia coscienza».  Testamento biologico inteso come mezzo di tutela di un vero e proprio diritto a morire. «Io mi batto anche per l'eutanasia – aggiunse Veronesi nella stessa intervista -  Il prolungamento o accorciamento della vita non sono valori in sé, ma lo sono in quanto assecondano il progetto di vita di ognuno di noi. La maggior parte dei malati, e una percentuale sempre più alta di popolazione sana, è favorevole al principio dell'autodeterminazione”. In un’altra occasione affermò: “Al malato terminale che negli ultimi giorni di vita con dolori violentissimi chiede l’iniezione per morire serenamente gli viene negata. Se il medico la fa può essere accusato di omicidio. Oggi la magistratura riesce a correggere ciò che il legislatore ha malamente costruito ma non sempre ci riesce”.

Naturalmente Veronesi era a favore anche dell’aborto: «Tutti coloro che, come me, hanno votato la 194 e l’hanno difesa da ripetuti attacchi culturali e politici», scrisse in un articolo su Repubblica, «lo hanno fatto nella convinzione che l’aborto è un male, ma l’aborto clandestino è un male ancora peggiore, che aggiunge al dramma di un’interruzione di gravidanza, anche un rischio enorme per la vita della donna». L’obiezione di coscienza dei medici di conseguenza era da combattere: “Quando parliamo, come segnalato dal ministero della Salute, del 70 per cento di medici obiettori, con picchi del novanta per cento in alcune regioni, allora siamo di fronte ad una situazione di dissesto e non osservanza della legge. […] La bussola che guida le scelte di un medico non può essere la sua fede o il suo credo, ma deve essere la volontà del paziente e, in questo caso, anche l'osservanza della legge”.

In occasione poi del referendum del 2005 sulla legge 40 Veronesi si schierò per il Sì, per cambiare in peggio una legge già di per sé gravemente iniqua. Veronesi riteneva che solo i fumi dogmatici di chi crede potessero ottenebrare le menti fino al punto di criticare la fecondazione artificiale: “Il pericolo è il fondamentalismo religioso che ogni tanto riappare. Al contrario, i principi religiosi dovrebbero avere un percorso indipendente: il ‘libera Chiesa in libero Stato’ è, fin dalla Rivoluzione francese, la regola delle democrazie», dichiarò in un’intervista al Corriere della Sera. Da qui il suo placet anche alla sperimentazione sugli embrioni crioconservati e alla maternità surrogata sulla quale così si espresse: «Bisogna guardare al futuro e anticipare i tempi. L’infertilità maschile e femminile è in aumento e non si può escludere a priori una soluzione che nei prossimi anni sarà una necessità”. E poi aggiunse: «La maternità surrogata per le coppie gay? Perché no. L’omosessualità è una forma di accoppiamento da riconoscere e se riconosciuta non bisogna sorprendersi che due uomini abbiano desiderio di paternità».

In merito ai gay, poi è stata memorabile la sua uscita sull’omosessualità ritenuta migliore dell’eterosessualità: «L'amore tra due persone dello stesso», confessò una volta mentre presentava alla Feltrinelli di Milano un suo libro «a mio parere è un amore più forte perché non è strumentale alla procreazione. Un uomo e una donna si amano ma l’obiettivo non è l’amore, amarsi, ma l’obiettivo è fare dei figli, in senso biologico. Mentre l’amore omosessuale è l’amore per l’amore, un amore che non ha interessi diciamo di tipo sessuale procreativo». Banale a dirsi che l’oncologo milanese plaudiva ai “matrimoni” omosessuali e all’adozione gay: «è l’amore, l’attenzione per i figli che crea la buona genitorialità, non i geni. Infatti, le adozioni sono a volte straordinariamente efficaci e poi perché è inevitabile che sia così: il bambino cresce bene se si sente protetto dai genitori, istruito e guidato nel suo sviluppo e questo non ha niente a che vedere con la bisessualità o l’ omosessualità». Insomma né più né meno di ciò che la vulgata ama ripetere da anni su questi temi.

Infine Veronesi a più riprese rilanciò la previsione di un “futuro bisessuale dell’umanità”. Ciò accadrà perché gli uomini, venendo meno ai propri ruoli maschili, e le donne parimenti, stanno inducendo anche mutamenti endocrini a livello ormonale. Da qui la coesistenza di due orientamenti sessuali opposti nella medesima persona. Ecco dunque il certo vaticinio darwinista: “E' inevitabile che la sessualità si evolva per aprirsi sempre più alla omosessualità e alla bisessualità”.

Il non credente e il credente piangono la scomparsa di un ricercatore di altissimo livello i cui meriti scientifici sono indubbi. Il credente aggiunge una preghiera a Dio misericordioso per la sua anima.