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LA STRATEGIA LGBT

Vescovi e pasticcini: nel mondo è già gay wars

Siamo nel bel mezzo delle Gay Wars. Da una parte gli opliti Lgbt e dall’altra cittadini che fanno il loro lavoro, esprimono idee e finiscono nei guai con la giustizia. Dalle grane giudiziarie dei pasticceri no nozze gay ei vescovi coraggiosi. Fino ai funzionari pubblici. Quanti guai per chi si oppone alla dittatura gay. 

Libertà religiosa 12_01_2017
Melissa Klein

Siamo nel bel mezzo delle Gay Wars. Da una parte gli opliti LGBT e dall’altra comuni cittadini che fanno il loro lavoro, esprimono idee innocenti e, con loro grande stupore, finiscono nei guai con la giustizia. Spigoliamo qua e là.

Nel luglio del 2013 il sig. Tony Miano, predicatore di strada, viene arrestato a Wimbledon da tre agenti, reo di aver commentato in pubblico il Capitolo 4 della Prima Lettera ai Tessalonicesi di San Paolo, capitolo che riguarda le immoralità in campo sessuale. Tra i vari temi toccati da Miano ci fu anche quello dell’omosessualità. Tanto bastò per procurargli la detenzione per sette ore, comprensiva di foto di rito, prelievo delle impronte digitali, schedatura ed interrogatorio.

Sempre nel 2013, in Oregon, la coppia omosessuale Rachel and Laurel Bowman-Cryer è entrata nella pasticceria dei coniugi Aaron e Melissa Klein per chiedere una torta nuziale dato che le due lesbiche avevano intenzione di convolare a “nozze”.  La coppia si è rifiutata di preparare la torta ed Aaron ha aggiunto: «Io credo che il matrimonio sia un’istituzione religiosa creata da Dio, come si legge in quel passo della Genesi in cui si dice che un uomo lascerà i propri genitori per unirsi a sua moglie; questo per me è il fondamento e la base del matrimonio». Parte la denuncia su istanza della coppia gay e i due finiscono davanti Sezione Diritti Civili dell’Oregon’s Bureau of Labor and Industries per aver violato l’Oregon Equality Act 2007, la legge contro le discriminazioni sull’orientamento sessuale. Nel 2015 la coppia di pasticceri ha dovuto sborsare a favore della coppia di lesbiche 135mila dollari per danni emotivi. Una torta nuziale davvero salata.

Sempre negli Usa Lee Stafford e il suo compagno si recano da Dick e Betty Odgaard proprietari della Gorts Haus Gallery, locale adibito alla celebrazioni di matrimoni. Anche in questo caso la coppia rifiuta di concedere la sala ed anche in questo caso non mancano guai giudiziari tanto che i due sono stati trascinati davanti allo Iowa Human Rights Commission. Sia nella vicenda della torta nuziale che in quella della sala per i matrimoni le traversie giudiziarie si sono accompagnate a linciaggi sul web che hanno portato a considerevoli perdite di clienti ed ad altrettante perdite economiche.

Nel settembre del 2015 la segretaria amministrativa Kim Davis della contea di Rowan, cittadina del Kentucky, è finita dietro le sbarre perché per settimane si è rifiutata di rilasciare licenze matrimoniali alle coppie gay, dopo che la Corte Suprema aveva dichiarato legittime le “nozze” omosex. «La mia coscienza non me lo permette», aveva dichiarato. Il giudice era di altro avviso: «le sue convinzioni di fede non sono una linea di difesa praticabile» e «il giuramento che ha pronunciato significa qualcosa».

Storia simile è accaduta a Casey Davis, segretario della contea di contea di Casey, sempre in Kentucky. Anche lui si è rifiutato di rilasciare licenze matrimoniali alle coppie omosessuali. Il governatore lo ha convocato nel suo ufficio e così lo ha ammonito: “Rilascia quelle licenze o licenziati». Davis al quotidiano on line Tempi aveva replicato: “La mia coscienza e la mia fede me lo impediscono. Questa sentenza va contro tutto ciò in cui credo nel profondo del cuore e va anche contro il diritto naturale”. A casa di Davis in quel periodo si potevano ricevere telefonate anonime di questo tenore: “Ucciderò te e la tua famiglia, così che non mi starete più tra i piedi. E lo farò presto». Altri 57 segretari di contea si rifiutarono di rilasciare simili certificati.

In Europa la musica non cambia. Aprile 2013: Franck Talleu, direttore dell’Insegnamento cattolico a Soissons, Laon e Saint-Quentin, sposato, padre di sei figli adottati, fu portato in questura e multato perché indossava in un parco pubblico una maglietta con il logo della Manif pour Tous,  una madre e un padre che tengono per mano due bambini.  Gli agenti prima gli hanno chiesto di togliersela oppure di coprirla poi, di fronte al diniego di Talleu, hanno deciso di stendere un verbale. Talleu ha protestato e per tutta risposta gli agenti lo hanno portato in questura per comminargli una contravvenzione. ”Tenuta contraria ai buoni costumi” è stata l’accusa (i costumi sono quelli omosessuali, ovviamente). Il fermato si è messo a ridere e ha fatto notare loro che l’accusa sarebbe stata facilmente contestabile. Quindi gli agenti hanno cambiato l’accusa: “Organizzazione di una manifestazione ludica senza autorizzazione”. Prima di rimetterlo in libertà lo hanno obbligato a togliersi la maglia della vergogna.

Nel febbraio del 2014 l'arcivescovo emerito di Pamplona, mons. Fernando Sebastián Aguilar, di 84 anni, è stato incriminato per omofobia dalla procura di Malaga. L’arcivescovo in un’intervista rilasciata al quotidiano “Diario sur” aveva dichiarato: “Una cosa è manifestare accoglienza e affetto a una persona omosessuale, un’altra è giustificare moralmente l’esercizio dell’omosessualità. A una persona posso dire che ha una deficienza, ma ciò non giustifica che io rinunci a stimarla e aiutarla”.

Sempre in Spagna nel giugno dell’anno scorso l’arcivescovo di Valencia Antonio Cañizares è stato chiamato a processo per incitamento all’odio omofobico da 40 associazioni LGBT. L’arcivescovo in una conferenza aveva definito l’ideologia di genere come «la più pericolosa che ci sia mai stata nella storia dell’umanità» e aveva accusato «l’escalation contro la famiglia da parte di dirigenti politici, aiutati tra gli altri da poteri come l’impero gay e certe ideologie femministe». Stessa sorte era capitata al vescovo di Alcalà, Reig Pla che ha dovuto subire tre processi per omofobia.

Simili attacchi contro alti prelati si sono registrati anche al di là dell’Atlantico. Nel luglio del 2016 è stato denunciato per omofobia monsignor Francisco Javier Chavolla Ramos vescovo di Toluca, città a sud ovest di Città del Messico. La denuncia è stata presentata dal Consiglio per la diversità sessuale del Messico, associazione LGBT, davanti al Consiglio Nazionale per prevenire la Discriminazione, un’organizzazione governativa. Il vescovo circa un mese prima in un programma TV aveva osato dire riferendosi alla proposta di riforma costituzionale per introdurre nel Paese il “matrimonio” gay: “Stiamo vivendo tempi drammatici per la famiglia. In passato la famiglia era protetta dalle leggi, tutelata da buoni legislatori, ma ora stanno proponendo altre correnti e altre ideologie che vanno contro la famiglia generando una confusione tremenda”. Un tentativo simile di chiamare alla sbarra degli imputati è stato perpetrato nel 2015 anche a danno del cardinale Juan Sandoval Íñiguez, Arcivescovo emerito di Guadalajara.

Finiamo la nostra carrellata con l’Italia. Nel novembre scorso l’Associazione nazionale contro le discriminazioni da orientamento sessuale ha sporto querela per diffamazione contro Padre Giovanni Cavalcoli per aver dichiarato ai microfoni di Radio Maria che nessuno può escludere che il terremoto in centro Italia possa essere un richiamo delle coscienze voluto da Dio a motivo dell’approvazione della legge Cirinnà